giovedì 6 marzo 2025

Strong, e tu come ti stai preparando quest'anno?

 


Piccolo intermezzo sulla MIA attività sportiva.

Come ormai sapete bene, dopo aver raggiunto i miei piccoli traguardi sportivi nel mondo del triathlon e soprattutto a seguito di qualche cambiamento organizzativo, ho rimodulato la mia "agenda" degli allenamenti.

In sintesi, ho ridotto volume, intendità e densità degli allenamenti.

Aldilà del piacere di inserire ALTRE cose nella mia vita, i rischi (a livello sportivo eh, quindi stiamo parlando di cazzate, che è sempre bene chiarirlo) erano principalmente due:

- la consapevolezza, sostanzialmente, di un ridimensionamento delle prestazioni sportive, avrebbe avuto una conseguenza drastica sulla mia motivazione?

- avrei continuato a d avere quel fastidioso "senso di colpa" nel non potermi, o meglio, volermi, allenare al meglio delle mie possibilità?

La prima risposta me l'ha data l'IronMan Italy dell'anno scorso: l'eventualità di cedere di testa affrontando  una gara del egenre senza reali obiettivi era reale e catastrofica, ma il risultato finale è stato ampiamente soddisfacente e non ne ho risentito affatto. Certo, bisogna entrare nell'ottica che minori ambizioni corrispondono a minor soddisfazione, ma è un prezzo che pago volentieri al costo di una maggior serenità nella gestione settimanale degli allenamenti.  

Alla seconda domanda rispondo che non mi pesa affatto eliminare qualche giorno di allenamento dalla mia programmazione, a patto che sia io a decidere cosa come e quando toglierla. Quando devo saltare contro la mia volonta qualche allenamento ecco... lì mi rode ancora parecchio il culo.

Attenzione, non sto dicendo che mi sto allenando male, mettendo le mani avanti su qualche prestazione sottotono.

Al contrario, mi sto allenando benissimo e mi sento in splendida forma: solamente una forma un po' meno veloce.

Per battermi dunque, dovrete ancora faticà parecchio...

venerdì 28 febbraio 2025

La reazione a un test andato male

Sapete che non sono un fanatico dei test e quindi solitamente non li propongo, tranne esigenze particolari (mie o anche dell'atleta stesso particolarmente motivato).

Aldilà dell'analisi dei dati, l'impatto emotivo che il risultato di un test ha su un atleta è  chiaramente un fattore rilevante, tanto più su persone che necessitano di un riscontro "misurabile".

Il problema è che spesso (quasi sempre) le persone che hanno bisogno di questa "certificazione" sono quelle più suscettibili a sbalzi emotivi e/o necessità motivazionali (il che, attenzione, non è necessariamente e sempre un fattore negativo).

La criticità tuttavia si pone quando si prende un risultato negativo estrapolandolo dal contesto reale.

Vabbè, vi cito il caso specifico sperando che possa tornare utile in generale.

Un mio atleta, che ha pressato per fare un test di ciclismo, ha palesato la sua grande delusione per un risultato di 25watt inferiore rispetto al medesimo test eseguito l'anno precedente.

Il fatto è che quest'anno,  da dicembre,  questo atleta ha affrontato ben QUATTRO stop per vari motivi, che hanno comportato una rimodulazione della programamzione completamente diversa da quella dell'anno precedente sia per tipologia di allenamenti proposti, sia per la calendarizzazione del macrociclo.

Ormai sapete che mi piace trasmettere il messaggio in forma più semplice possibile e il "take home message" di questa storia è: 

  • se un test vi viene bene rallegratevi perchè è un dato oggettivo che manifesta in qualche modo il vostro valore (je l'avete fatta e je la potete fa ancora!)
  • se un test vi va male, ci sono mille motivi che possono aver determinato un valore non congruente a quello reale (attenzione, non stiamo parlando di alibi!) 

 Ah Strong - direte - troppo facile così... se te viè bene è ok e se te viè male può essere ok lo stesso?!

Sì, anche perchè se avete un atleta che accusa particolarmente questi test, l'alternativa è solo un'altra: non farglieli fare più.

mercoledì 26 febbraio 2025

Quando invece SI FA palestra nella programmazione di una stagione agonistica di triathlon?

Ho scritto più e più volte sul mia riluttanza all'utilizzio di sessioni in palestra nella programmazione di una stagione agonistica di triathlon per gli atleti amatori.

Tale disapprovazione, tuttavia, non è ineluttabile e assoluta ma contestualizzata, sebbene al 95% degli atleti che alleno.

In questo caso, però, parliamo del 5% restante, visto che non lo faccio mai. 

Chi rientra dunque in quel 5% con il quale inseriamo la forza aspecifica?

Troppo scontato dire chi è infortunato e non può fare un determinato sport deve integrare con un'altra attività, qui la palestra è una naturale conseguenza e non una scelta.

Una programmazione del genere la inserisco nel programma di un atleta:

  • evoluto o comunque esperto che sa riconoscere la percezione della suo stato generale
  • che non possa risentire a livello familiare o professioane di un ulteriore aumento di ore a disposizione per gli allenamenti
  • in grado di INTEGRARE gli allenamenti con una sessione extra in palestra e dunque NON sostituirne una sessione di nuoto, ciclismo o corsa

Tutto ciò significa che stiamo parlando di atleti che, se vogliono allenarsi al massimo, possono e devono allenarsi sostanzialmente due (o più) volte al giorno tutta la settimana.

Per questo stiamo parlando di atleti amatori che hanno una predisposizione fisica, mentale e organizzativa SIMILE a quella di atleti professionisti.  

Per questo stiamo parlando di un 5%.

venerdì 21 febbraio 2025

Il triatleta felice?

Questo probabilmente è l'ultimo post che un triatleta vorrebbe leggere.

Probabilmente, perchè si pne di fronte a quello che non vorrebbe mai sentire. 

Il mio spunto scaturisce da uno studio di Tatjana Bill che  esplora la psicologia degli atleti di ultra-endurance, analizzando la loro passione, stile di vita e le forze motivazionali che li spingono a praticare sport estremi, al fine di tracciare un quadro dello sviluppo della loro passione, dall'inizio fino alla completa adozione di uno stile di vita basato sull’endurance.

Quello che interessa me, almeno in questa mia analisi, non è tanto il percorso di crescita sviluppato in cinque fasi  (tra l'altro molto ben definito) quanto la  relazione tra passione, motivazione e felicità.

La scoperta, decisamente NON inaspettata, è che ci sono due tipi di passione verso queste discipline:

  • passione armoniosa: ben integrata con altre aree della vita, permette agli atleti di scegliere liberamente quando e come allenarsi.
  • passione ossessiva: dominata dal bisogno compulsivo di allenarsi, portando a conflitti, squilibri emotivi e infortuni.
  • La cosa interessante tuttavia, ovvero quella che vorrei approfondire: contrariamente alle aspettative, la passione armoniosa non è stata direttamente associata a maggiore felicità!

    Nel contesto degli sport di ultra-endurance infatti, la passione armoniosa è generalmente vista come un fattore positivo, in quanto permette agli atleti di mantenere un equilibrio tra sport, vita personale e benessere psicologico. Tuttavia, lo studio condotto da Tatjana Bill ha rivelato un dato che contraddice le aspettative della psicologia dello sport e delle teorie della motivazione. 

    Potrebbero essere diverse le spiegazioni a questa apparente contraddizione: gli sport di ultra endurance, per loro natura, comportano uno stress fisico e mentale eccezionale dove anche gli atleti più equilibrati e con una passione armoniosa devono affrontare:

    • fatica cronica e dolore fisico dovuti all'enorme volume di allenamento
    • esaurimento mentale e burnout causato dall’impegno a lungo termine
    • rischi di infortuni e problemi di salute, come sovraccarichi muscolari, problemi gastrointestinali durante le gare, disturbi del sonno

    Anche se la passione è vissuta in modo armonioso, questi fattori possono ridurre il benessere complessivo dell’atleta, creando un paradosso: l’attività sportiva è profondamente significativa, ma non sempre porta a una sensazione di felicità costante.

    La causa potrebbe verosimilmente essere ricondottaad una forms mentis fortemente orientata alla sfida e alla crescita personale. Per molti, raggiungere un obiettivo non significa fermarsi, ma spingersi ancora oltre:

    • dopo aver completato una maratona, un atleta potrebbe voler affrontare un ultramaratona da 100 km
    • dopo una gara di triathlon Ironman, il passo successivo potrebbe essere una gara multi-day o un evento di endurance estremo

    Questa mentalità della "prossima grande sfida" fa sì che gli atleti raramente si fermino a godersi il traguardo raggiunto. 

    La continua ricerca di nuove prove di resistenza può alimentare una forma di insoddisfazione costante, dove la felicità viene sempre proiettata nel futuro invece di essere vissuta nel presente.

    Anche negli atleti con una passione armoniosa c'è il potenziale rischio che lo sport possa diventare una parte integrante dell’identità personale. Molti atleti si definiscono attraverso lo sport, il che può avere conseguenze psicologiche rilevanti:

    • pressione sociale e aspettative interne (essere parte di un contesto di ultra endurance può creare aspettative implicite di miglioramento continuo)
    • difficoltà nel trovare un equilibrio con la vita quotidiana (anche con una passione armoniosa, lo sport può consumare molto tempo, riducendo lo spazio per altre attività significative)
    • paura dell’inattività  (per molti atleti, periodi di stop forzato possono essere emotivamente difficili e influenzare negativamente il senso di benessere

    In sintesi, nell'ultra endurance il livello di impegno richiesto è talmente alto che anche un approccio equilibrato non impedisce stress, fatica e sacrifici.

    Chiramente, non significa che queste impicazioni siano accusate da ogni atleta, ma sicuramente suggeriscono la necessità di strategie adottate soprattutto dalla sinergia/fiducia del binomio coach/atleta per garantire che lo sport  di ultra endurance sia vissuto in modo davvero sostenibile, riducendo al minimo l’impatto negativo su felicità e benessere.

    venerdì 14 febbraio 2025

    Inserire la palestra nella preparazione del triathlon (la sentenza definitiva?)

    Riprendiamo il discorso della necessità (o meno) di inserire una prepazione aspecifica per il triathlon di potenziamento, soprattutto in palestra, visto che ultimamente mi chiedono il parere al riguardo.

    Per rispondere a questa domanda vorrei tirare in causa una massima del mio riferimento cinofilo Francesco di LifeBound K9: alla maggiorparte delle domande la riposta giusta è o "dipende" o "sticazzi".

    E allora giochiamoci subito il "dipende".

    In numerosise occasioni ho già espresso il mio deciso disaccordo nell'inserire questo tipo di attività in una programmazione ben strutturata per il triathlon a parte qualche eccezione  (da me) ben motivata.

    In estrema sitesi il mio pensiero è quello che se si ha tempo a disposiione per allenarsi, si hanno maggiori benefici complessivi  utilizzando una sessione extra di nuoto, ciclismo o corsa che una di palestra: se faccio un allenamento specifico, oltre a lavorare su un determinato stimolo squisitamente richiesto dal modello di prestazione del triathlon, ho anche un richiamo tecnico, non rischio di farmi male con una cattiva esecuzione, ed evito di sovraccaricare l'apparato muscolare e scheletrico in modo poi da poter svolgere con la giusta intensità i successivi lavori di qualità di ogni singolo sport.

    Questo tipo di approccio è suggerito, tra l'altro da Brett Sutton (probabilmente l'allenatore più vincente del triathlon) e da Alexander Bu  (allenatore dei fenomeni norvgesi).

    Però non voglio convincere nessuno, anche perchè, chiaramente, ci sono altrettante pubblicazioni scientifiche e altrettanti esempi vincenti che propoendono per questo approccio (Joe Friel, Matt Dixon e, sinceramente, un po' la maggiorparte di ogni "bravo "coach)

    Il fatto è come sempre dico, non c'è una sola strada per raggiungere un determinato obiettivo, ma l'importante è che una volta che ci si affida ad un metodo, si seguano correttamente quelle direttive e linee guida.

    E quindi se vi alleno io la palestra non si fa.

    Per chi non alleno io invece, mi gioco la seconda risposta di cui sopra...

     

    martedì 11 febbraio 2025

    THE OLYMPIC BLOCK – Periodizzazione a blocchi per il triathlon su distanza olimpica

     

     

    Il Team Panda e il PandaLab sono orgogliosi di presentarvi il programma di allenamento “THE OLYMPIC BLOCK – Periodizzazione a blocchi per il triathlon su distanza olimpica”: un mix strategico di blocchi altamente specializzati, progettato per garantire adattamenti fisiologici rapidi ed efficienti, permettendoti di affrontare la distanza olimpica con maggiore forza, resistenza e velocità.


    Perché il Metodo Block Periodization?

    La Block Periodization si differenzia dalla periodizzazione tradizionale perché concentra il lavoro su specifici adattamenti per periodi brevi e intensi, riducendo il rischio di stagnazione e massimizzando i guadagni di performance. I vantaggi includono:

    Adattamenti accelerati – Ogni blocco mira a un obiettivo specifico, evitando dispersioni di energia.
    Ottimizzazione del tempo – Perfetto per atleti con una preparazione mirata in pochi mesi.
    Migliore gestione della fatica – Programmazione intelligente che bilancia carico e recupero.
    Potenziamento della performance di gara – Testato su atleti d’élite per ottenere risultati concreti.


    La Struttura del Programma

    Il piano di allenamento è suddiviso in 3 blocchi, ognuno con un obiettivo chiaro e definito:

    🔹 Blocco 1: Accumulation (3 settimane)

    Obiettivo: Costruire una solida base di resistenza aerobica e forza muscolare per sostenere l'intensità dei blocchi successivi.
    Allenamenti chiave:

    • Sessioni di fondo medio-lungo su bici e corsa per migliorare la capacità aerobica.
    • Lavoro di forza funzionale specifica per il triathlon.
    • Nuoto con focus su tecnica e resistenza aerobica.

    🔹 Blocco 2: Transmutation (3 settimane)

    Obiettivo: Convertire la resistenza costruita nel primo blocco in potenza e velocità.
    Allenamenti chiave:

    • Ripetute ad alta intensità su bici e corsa per migliorare la velocità di soglia.
    • Transizioni rapide per simulare le condizioni di gara.
    • Nuoto con lavori anaerobici e di velocità.

    🔹 Blocco 3: Realization (2 settimane)

    Obiettivo: Ridurre il volume mantenendo l’intensità per arrivare freschi e pronti alla gara.
    Allenamenti chiave:

    • Sessioni brevi e intense per mantenere la reattività muscolare.
    • Focus sul recupero.
    • Simulazioni di gara controllate.

    📅 Settimana di Recupero Post-Gara

    Dopo la competizione, un’intera settimana dedicata al recupero attivo per ripristinare le energie e favorire la rigenerazione muscolare.


    Per Chi è Questo Programma?

    🏊‍♂🚴🏃 Triatleti di livello intermedio e avanzato che vogliono migliorare i propri tempi.
    Atleti con un tempo limitato per la preparazione che necessitano di un metodo efficace.
    🔥 Chi vuole massimizzare la performance in gara senza sovraccaricare il corpo.


    Cosa Ottieni con Questo Programma?

    Un piano dettagliato con allenamenti giornalieri spiegati nel minimo dettaglio.
    Strategie di gestione del carico e del recupero per evitare sovrallenamento.
    Sviluppo della forza per ottimizzare la performance.
    Tecniche di transizione veloci per migliorare la gestione delle fasi di gara.
    Monitoraggio progressivo per valutare i miglioramenti settimana dopo settimana.


    Preparati a Superare i Tuoi Limiti!

    Con questo programma basato sulla Block Periodization, avrai tutti gli strumenti per affrontare la distanza olimpica con una condizione fisica eccezionale.

    📈 Sei pronto a portare la tua performance al livello successivo?

    🔥 Inizia oggi e raggiungi il massimo della tua forma il giorno della gara! 🔥

     

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    mercoledì 5 febbraio 2025

    Gente che alleno ma che non sapevo di allenare

    Dopo le mie ormai note rubriche "Gente che alleno" e "Gente che avrei potuto allenare", inseriamo di prepotenza una nuova rubrica!

    L'altra sera ho ricevuto una messaggio da un atleta che alleno, con una sua foto insieme ad un altro ragazzo che mi salutavano.

    Il fatto è che non so assolutamente chi sia  quel tizio!

    Forse qualcuno che ha letto il mio libro o mi segue sui social...

    Un rapido controllo ai social e... no... non mi segue...

    Alla fine ho chiesto al mio atleta.

    "Grazie del saluto... ma chi cazzo è quell'altro?"

    "Mi ha detto che su Training Peaks mi segue La Cara"

    "Ma dai..."

    "Si, ha detto che ha te come coach"

    Ecco, io ho 47 anni, ho perso parecchi capelli, la barca comincia ad imbiancarsi, e "qualcuno" mi ripete spesso che comincio a mostrare preoccupanti segni di senilità... MA NON SONO ANCORA COSI' RINCOJONITO DA NON RICNOSCERE I MIEI ATLETI!

    La domanda dunque è: MA CHI CAZZO E' QUESTO?

    mercoledì 29 gennaio 2025

    Le tre fasi per l'approccio a un nuovo atleta da allenare

    Quando si approccia un nuovo atleta da allenare ci sono tre fasi ben definite (almeno per me) che devono necessariamente essere trattate con attenzione.

    Nell'ordine:
    1) Capire chi avete di fronte
    2) Capire l'atleta che avete di fronte
    3) Far capire all'atleta che tipo di allenatore ha di fronte

    L'ordine con il quale li analizzerò però non sarà lineare, ma solo perchè mi serve per una scrittura stilistica più efficace quindi beccatevelo così come viene.

    Quando parlo del saper leggere oltre i dati significa che i dati si possono, appunto, leggere, misurare analizzare e dunque definire chiaramente: per questo il secondo punto è quello più semplice, quello al quale molti allenatori, anche estremamente competenti, si limitano.

    Il terzo punto invece è basato prevalentemente sulla comunicazione: comunicazione del saper trasmettere e del saper ricevere.
    E' un fattore fortemente e necessariamente legato anche all'empatia che si crea nel binomio coach-atleta.
    Non è mai scontato e spesso è anche più improtante del secondo, o comunque ne è strettamente connesso.
    Ho più volte detto che un coach può avere tutte le qualità possibili ma se non è  in grado di comunicare le sue idee, il suo metodo, le sue finalità e i suoi obiettivi, rimarrà incompleto.
    Non è una caratteristica insita in ogni coach, ma ci si può lavorare.

    Il primo punto invece, è quello fondamentale per costruire qualsiasi rapporto a lungo termine, ma troppo spesso non identificato o peggio neanche preso in considerazione.
    Parte tutto da qui, ma sapete una cosa... non è nè semplice nè immediato, ci possono volere mesi o anni per definirlo perfettamente.

    Oppure, come me, siete sensitivi e sapete percepire fenomeni di natura prevalentemente spirituale che gli altri non possono percepire, sbrigando la faccenda con mezzo minuto.

    Ma questo è un dono, e non si compra in alcun negozio, e non si legge in alcun libro.

    martedì 28 gennaio 2025

    PANDA EKIDEN 2025

     

    Come ogni anno, in questo periodo dove un po' di motivazione extra non fa mai male, abbiamo l'abitudine nel Team Panda di sfidarci in una competizione  fratricida: la PANDA EKIDEN.

    Creiamo delle squadre da tre, dove ogni componente nel corso della settimana deve fare una prova specifica su una determinata distanza.

    Le distanze che abbiamo determinato quest'anno erano:
    NUOTO: 400mt
    CICLISMO: 2km
    CORSA: 1km

    La squadra con il tempo migliore al termine della settimana vincerà un premio e, soprattutto, la gloria eterna!

    Ed ecco finalmente i risultati...

    La squadra vincitrice è... GLI ULTIMI SARANNO I PRIMI, composta dal nostro attuale vincitore del Criterium Panda 2024 Giacomo Angelini e dalla due new entry in squadra Luca Gravaghi e Umberto Pascale!

    Sticazzi degli IronMan... ora possono dire veramente di aver raggiunto la gloria eterna!

    mercoledì 22 gennaio 2025

    Come gestire le difficoltà tecniche nel nuoto (spoiler: affrontandole)


    Il nuoto, soprattutto per i neofi, è la frazione che presenta maggiormente difficoltà tecniche.

    Quando alcuni atleti si approcciano al mio metodo di nuoto, mi aspetto prima o poi le solite considerazioni...

    "Strong, io non so fare delfino"

    "Va bene se non faccio la virata?"

    "Non riesco a fare 9 bracciate senza respirare!"

    E roba del genere.

    Sapete come la penso... per migliorare nel nuoto, il modo migliore è nuotare.

    Di conseguenza, per migliorare alcune difficoltà tecniche, il modo ottimare... farle!

    Non sai fare delfino? 

    Comincia con una sola bracciata e il resto a stile, la volta dopo ne farai due, poi tre e così via... e il delfino, per quanto mi riguarda, è il miglior esercizio di "tecnica" per migliorare lo stile libero.

    E così la virata, le prime volte vi uscirà di merda, poi di merdina, poi di merduccia, fino ad arrivare ad una cosa decente.

    Nove bracciate senza repirare chiaramente andranno interpretate con l'accorciamento della bracciata (aiuto!!!! davvero Strong ha scritto questa cosa? E lo SWOLF?) e una bassa intensità di esecuzione.

    Dunque, quando vi lamentate del fatto che non state migliorando, cominciate magari a rivalutare questi aspetti!

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