mercoledì 4 maggio 2022

Il passaggio dall'appoggio di tallone a quello di avampiede... ne vale davvero la pena?


Uno studio del 2017 di Hamill e Gruber (1), ha affrontato proprio il tema relativo al cambio di appoggio, passando dal “classico” di tallone a quello di avampiede.


Lo studio scaturisce da una serie di affermazioni rilevate, nel mondo della corsa, da parte di ricercatori (tra cui Lieberman e colleghi (2), Ahn e altri (3), Paavolainen e altri (4) e allenatori (5) ancora prive o scarne di una base di riscontri scientifici, secondo le quali si suggeriva di modificare l’atterraggio di tallone a favore di un atterraggio di mesopiede o avampiede, al fine di migliorare le prestazioni e ridurre gli infortuni durante la corsa.
In particolare, le principali motivazioni indicate per il cambio, sono state individuate in:
    1) Maggior economicità;
    2) Riduzione dell’impatto al suolo e dell’oscillazione verticale;
    3) Riduzione del rischio di lesioni.

L’esito dello studio critica tutti e tre gli aspetti, fornendo evidenze secondo le quali il cambio di atterraggio non sarebbe la scelta opportuna, in quanto non migliora l’economia della corsa, non elimina l’impatto del contatto a terra del piede e non riduce il rischio di lesioni.

Ci sono, inoltre, ulteriori metodologie di allenamento come il “Metodo Pose”(6) o il “Chi Running” (7), che hanno indotto numerosi allenatori di triathlon ad istruire i loro atleti a passare da un appoggio di tallone ad uno di avampiede.
In effetti, come si evince da alcuni studi (8), si tende prevalentemente ad evidenziare la bontà di aneddoti isolati, piuttosto che dimostrare che il cambio di atterraggio sia un reale beneficio per tutte le tipologie di corridori in ogni contesto.

Entrando nel merito del primo punto, ovvero la maggior economicità del gesto, in uno studio sulla simulazione dell’avanzamento dinamico, l’appoggio di tallone è risultato quello ottimale per maggiori aspetti relativi alla corsa, incluso il minor costo metabolico (9).
Il protocollo ha identificato l’appoggio anteriore (mesopiede o avampiede) ottimale per una maggior velocità di corsa, ma con più elevato costo energetico.
Tale risultato è supportato da un ulteriore studio in cui si evidenzia che, con l’aumentare della velocità, il 45% dei corridori sposta l’appoggio del contatto in una zona più anteriore del piede (10).
Pertanto, si dedurrebbe che la scelta dell’appoggio possa essere specifica per il proposito che si intende perseguire.
Correre su lunghe distanze richiederebbe un atterraggio di tallone per minimizzare il costo metabolico, mentre un appoggio anteriore risulterebbe necessario per correre più velocemente.

Un’ulteriore conferma arriva proprio dagli studi (11) a supporto proprio del sopra citato metodo Pose, che scoraggia vivamente l’utilizzo dell’appoggio di tallone.
Secondo lo studio infatti, si dimostra che dopo due settimane di tecnica suggerita dal metodo Pose sul tipo di appoggio del piede, il lavoro eccentrico sul ginocchio è stato ridotto, mentre aumenta il lavoro eccentrico sulla caviglia.
Questi cambiamenti biomeccanici sono indicati a supporto dei benefici di questa determinata tecnica.
L’unico problema riportato era che il lavoro eccentrico sulla caviglia potrebbe causare, in teoria, lesioni al tendine di Achille e problemi al muscolo del polpaccio, suggerendo quindi un approccio graduale a questa tecnica.

Ma un ulteriore studio, questa volta della durata di 12 settimane e non 2, eseguito su 16 triatleti (di cui 8 sottoposti al metodo Pose), ha testato gli effetti cinematici e dell’economia di corsa (consumo di ossigeno ad una determinata andatura), su andature del passo tra i 4’40” e i 4’00” al km, ottenendo questi riscontri:


Mentre i due pannelli mostrano la diminuzione dell’ampiezza di passo e dell’oscillazione verticale, confermando quanto emerso dai dati delle 2 settimane, il terzo pannello mostra che il consumo di ossigeno, durante la corsa, risulta più elevato dopo il “trattamento Pose”.
L’economia della corsa è dunque ridotta, sebbene tra le evidenze del metodo Pose non sia menzionato questo studio seppur precedente a quello di due settimane, invece preso come riferimento.

A questo punto ripetiamo la domanda iniziale... ne vale davvero la pena?


Bibliografia:

  1. Hamill J, Gruber AH. “Is changing footstrike pattern beneficial to runners?” J Sport Health Sci. 2017 Jun;6(2):146-153 -Feb 28.
  2. Lieberman D.E., Venkadesan M., Werbel W.A., Daoud A.I., D'Andrea S., Davis I.S. Foot strike patterns and collision forces in habitually barefoot versus shod runners. Nature. 2010;463:531–535.
  3.  Ahn A.N., Brayton C., Bhatia T., Martin P. Muscle activity and kinematics of forefoot and rearfoot strike runners. J Sport Health Sci. 2014;3:102–112
  4. Paavolainen L., Nummela A., Rusko H., Hakkinen K. Neuromuscular characteristics and fatigue during 10 km running. Int J Sports Med. 1999;20:516–521
  5. Arendse R.E., Noakes T.D., Azevedo L.B., Romanov N., Schwellnus M.P., Fletcher G. Reduced eccentric loading of the knee with the pose running method. Med Sci Sports Exerc. 2004;36:272–277.
    Fitzgerald M. Rodale; New York, NY: 2005. Runner's world the cutting-edge runner: how to use the latest science and technology to run longer, stronger, and faster.
    Glover B., Schuder P. Penguin Books; New York, NY: 1983. The competitive runner's handbook.
  6. Dallam G.M., Wilber R.L., Jadelis K., Fletcher G., Romanov N. Effect of a global alteration of running technique on kinematics and economy. J Sports Sci. 2005;23:757–764; Romanov N. Pose Tech Corporation; Coral Gables, FL: 2002. Pose method of running.
  7. Dreyer D. Simon & Schuster Publishers; New York, NY: 2008. Chi running: a revolutionary approach to effortless, injury-free running.
  8. Breen D.T., Foster J., Falvey E., Franklyn-Miller A. Gait re-training to alleviate the symptoms of anterior exertional lower leg pain: a case series. Int J Sports Phys Ther. 2015;10:85–94.
    Crowell H.P., Davis I.S. Gait retraining to reduce lower extremity loading in runners. Clin Biomech (Bristol, Avon) 2011;26:78–83.
    Diebal A.R., Gregory R., Alitz C., Gerber J.P. Forefoot running improves pain and disability associated with chronic exertional compartment syndrome. Am J Sports Med. 2012;40:1060–1067.
    Kulmala J.P., Avela J., Pasanen K., Parkkari J. Forefoot strikers exhibit lower running-induced knee loading than rearfoot strikers. Med Sci Sports Exerc. 2013;45:2306–2313.
  9. Miller R.H., Hamill J. Optimal footfall patterns for cost minimization in running. J Biomech. 2015;48:2858–2864.
  10. Breine B., Malcolm P., Frederick E.C., De Clercq D. Relationship between running speed and initial foot contact patterns. Med Sci Sports Exerc. 2014;46:1595–1603.
  11. Dallam G.M., Wilber R.L., Jadelis K., Fletcher G., Romanov N. Effect of a global alteration of running technique on kinematics and economy. J Sports Sci. 2005;23:757–764.

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