Un coach dovrebbe essere accomodante o rigido nei confronti di un esordiente?
Da una parte è sicuramente vero che mostrare troppa chiusura di vedute verso chi si sta avvicindando al triathlon potrebbe portare anche ad un rifiuto verso questa disciplina, APPARENTEMENTE, ostica agli occhi di chi si sta approcciando.
D'altra parte, tuttavia, è anche vero che fornire una visione dell' "andrà tutto bene, devi solo divertirti e vedrai che finisci una gara sprint" potrebbe portare a sottovalutare aspetti fondamentali di questo sport, e non sto parlando di aspetti tecnici, prestazionali o motivazionali.
Sto parlando di fattori di rischio.
Durante la formazione Trisutto, tra i primi moduli csi trattava proprio l'argomento sulle cose fondamentali da dire agli atleti che si stavano avvicinando al triathlon e il mio mentor coach Rob Pickard mi fece notare che è sempre il caso di parlare anche del rischio di morte che, seppur ipotesi remota, rientra tra i rischi di uno sport estremo, come il triathlon è in effetti considerato.
Sapete bene come da oltre 10 anni ho sempre cercato in goni modo di divulgare il triathlon per la sua bellezza, sfatando il falso mito di uno sport solo per super atletie sdoganando il messaggio che chiunque, con la dovuta preparazione, posso concludere con soddisfazione la sua gara.
Però bisogna essere consapevoli che andare in crisi a 400mt dalla riva non è come stancarsi in una corsia da 25mt e ritrovarsi doppiati in bici da atleti che ci sfiorano a 50kmh non è come andare a pedalare da soli su una strada non trafficata.
Quindi se conoscete il Panda sempre sorridente e scherzoso, ecco, con gli esordienti potrebbe non essere sempre così...
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