martedì 25 febbraio 2020
L'inutilità del triathlon
Lo capii da subito.
Quando decisi di aprire questo blog gli diedi il sottotitolo "Triathlon ed altre perdite di tempo".
Perché di questo si tratta, anche se ontologicamente ne sto prendendo atto soprattutto ultimamente.
Lo sport amatoriale deve essere inutile.
Se lo fate con un obiettivo, avete perso in partenza, sia esso il benessere fisico, la ricerca di una prestazione, perdere peso o scommettere una birra con un compagno di squadra.
Ecco qui, gli state dando un significato, e avete perso prima di cominciare.
Il vero piacere, la vera gioia, ce la dà l'inutilità.
Come per i regali di Natale.
Un paio di guanti, un servizio da scrittoio, una macchina.
Se sono regalati per un utilizzo, diventano un'utilità, e quindi non strettamente legate all'aumento della felicità, ma soggetti a interesse e preoccupazione per il mantenimento.
Tra l'altro, se vogliamo buttarla sull'utilitarismo, dovremmo avere come presupposto l'imparzialità, ed è l'ultima cosa che andiamo a cercare (e trovare) nel triathlon.
Casualmente, ho sentito proprio qualche giorno fa una spiegazione simile di Erri De Luca sull'arrampicare.
L'esempio più facile è la musica.
Per goderla al meglio non avete bisogno di cercare alcuna utilità, né tantomeno l'imparzialità.
Naturalmente quando un oggetto non è più utile, ma funzionale e propedeutico al godimento incondizionato di ciò che si ricerca, il discorso è diverso.
Lo stereo per sentire la musica, la bici per partecipare alle gare di triathlon o anche la macchina, se vi serve solo per cazzeggiare in giro.
Lo so non è semplice, ma è così.
Potete fare a meno di (quasi) tutto per poter apprezzare al meglio il triathlon.
Perlomeno di tutto ciò che vi provoca una preoccupazione o una necessità di mantenimento.
Di qualsiasi cosa utile, dunque.
Non c'avete capito un cazzo?
Non fa una piega.
Giusto perché mi piace essere un manifesto di contraddizioni, prossimamente scriverò un post sul contrario di quanto detto fino ad ora.
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