venerdì 16 maggio 2025

Quel giorno in cui ti accorgi che PUOI!

 

C’è un momento, in ogni carriera da triatleta o maratoneta amatoriale, in cui ti cade addosso una verità grande, enorme, spiazzante.

Non è quando finisci la gara.
Non è quando tagli il traguardo con le braccia alzate e la faccia da "faccio finta che non sto morendo".
È quando, per la prima volta, corri davvero. Fino alla fine.

E no, non intendo “correre” nel senso di mettere un piede davanti all’altro senza fermarti.
Parlo di correre con dignità, ritmo, lucidità, e magari anche una parvenza di progressione nella parte finale di una maratona, di un mezzo Ironman o – supremo dei deliri – di un Ironman intero.

All’inizio della gara va sempre bene.
Nuoti col sorriso da prete in gita.
In bici sei una centrale eolica su due ruote.
Ti senti forte, persino un po’ invincibile.
Poi… arriva la corsa.

E lì, ogni certezza crolla.
Il mondo si stringe.
Le gambe diventano corpi estranei.
E la testa inizia il suo monologo oscuro:

“Non sei fatto per questa distanza.”
“Non riuscirai mai a correre bene su queste gare.”
“Quelli bravi sono un’altra razza.”

Ma poi succede

Succede che un giorno, finalmente, fai la cosa giusta (o meglio segui la tattica che ti imposta il tuo allenatore, della quale sull'onda dell'entusiasmo solitamente te ne fotti).

Non vai forte in bici.
Non ti fai prendere dalla foga dei watt e dei sorpassi.
Vai sottoritmo. Ti senti quasi ridicolo.

E poi, quando scendi dalla bici, succede qualcosa di inedito:

Inizi a correre… e tieni.
Con ritmo, con testa, con margine. Magari pure con grinta negli ultimi chilometri.
E quando tagli il traguardo, non hai solo finito una gara.

Hai fatto il salto.

No, non è il tempo.
Non è la classifica.
Non è neanche “finirla” in senso stretto.

È uscire dalla gara con la consapevolezza che si può CORRERE davvero anche alla fine.

Quella sensazione ti rimane dentro.
Ti cambia. Ti plasma.
Perché da quel momento in poi, puoi costruire davvero.

Non c’è più il dubbio se “riuscirai mai”.
Ora sai che si può. Che tu puoi.
E quindi puoi iniziare a lavorare su un crono, su una strategia, su un piazzamento.
Diventi uno che ha qualcosa da dire in quella distanza.

E da lì in poi, si comincia a giocare. Sul serio.

martedì 13 maggio 2025

CrossCheck Coaching (la gestione asimmetrica dell'atleta)

  

Nel mondo perfetto della teoria, ogni atleta riceve lo stimolo giusto, nel momento giusto, detto con il tono giusto.
Peccato che il mondo reale sia fatto di vocali da 3 minuti, silenzi lunghi una settimana e sessioni fatte “ma ho cambiato un paio di cose”.

Serve una bussola. Una croce.
Il CrossCheck.

Sì, il nome l'ho invetato io e no, non è un’invocazione divina quando leggi il report di un allenamento fatto completamente a cazzo. È un concetto semplice, quasi banale, ma che spesso viene ignorato da chi pensa che fare il coach sia solo buttare quattro numeri. 

In pratica, si lavora su due assi: energia comunicativa e autogestione del carico. Ma il trucco è che le frecce non vanno tutte nello stesso verso. Anzi.


🔁 Asse 1 – ENERGIA COMUNICATIVA

👉 Qui la regola è: allineamento
Se l’atleta è eccessivo, espansivo, a palla su tutto… devi esserci. Rispondere, alimentare.
Se è silenzioso, schivo, minimal… stai nel suo range.  Una parola secca e dritta.

📌 Esempio:

  • Tizia ti manda la foto del body, il meteo della gara, la playlist e 4 audio. Tu rispondi con energia e ironia: “Il body n.2 vince, ma spammala sui social così acchiappiamo un po' di like per la squadra”

  • Tizio scrive “tutto ok” dopo una settimana di carichi. Rispondi: “ Daje.”
    Non è distanza. È rispetto del codice.


🔃 Asse 2 – AUTOGESTIONE DEL CARICO

👈 Qui la regola è: contrasto
Chi si allena troppo (o aggiusta di testa sua), deve essere frenato.
Chi fa poco e pretende la luna, deve essere spinto.

📌 Esempio:

  • A Tizio, che aggiunge 3 ripetute “perché mi sentivo bene”, gli scrivi: “Sabato 10x100 in piscina easy pull. Sì, e basta”

  • Tizia, 2 allenamenti saltati (su 4) e dubbi sul passo gara? Le metti un 4x2000 bello tosto (ma che tu sai che può fare). Deve sentire che il corpo sa ancora far fatica.


🎯 CrossCheck in pratica


Autogestione altaAutogestione bassa
HARD💥       OVERMAN🔊      BUZZY
SOFT🧱      GRINDER😴 FEATHERWEIGHT 

A chi parla troppo e fa troppo → taglia.
A chi parla poco e fa troppo → osserva e guida.
A chi parla tanto e fa poco → scuotilo.
A chi parla poco e fa poco → stimola, ma senza invadere.


Il CrossCheck  serve per seguire i propri atleti senza diventare complici delle loro derive.

Ti adegui al loro stile comunicativo – perché devono sentirsi ascoltati.
Ma poi li spingi dove non andrebbero da soli – perché è lì che iniziano a migliorare.

Ogni atleta ha una sua lingua. Sta al coach impararla.
Ma ogni atleta ha anche un suo limite. E sta sempre al coach non farsi fregare.


giovedì 8 maggio 2025

Nuotare SEMPRE in acque aperte, va bene?

Alcuni di voi hanno la fortuna/sfortuna di poter nuotare sempre in acqua aperta. C’è chi vive in posti da cartolina con pontile privato e chi si trasferisce un mese al mare e si sente mezzo delfino.

E quindi arriva puntuale la domanda: posso allenarmi solo in acqua aperta?

Risposta breve: no.
Risposta un po’ più articolata: dipende, ma anche no.

Il nuoto in acqua aperta è super specifico, sì. Serve a prendere confidenza con lo spazio acquatico, a respirare in base a boe, onde e avversari che ti tirano i piedi. Serve a non perdere la rotta e a non cagarsi sotto se non vedi il fondo.

Quindi sì, ogni tanto bisogna passarci.

Ma… c’è un ma grosso come una boa.
Se vuoi migliorare davvero – velocità, tecnica, efficienza – ti serve la piscina.
I 25 metri. Le ripetute. Le virate. Pull e palette. Il cloro.

In mare certe cose semplicemente non le alleni.
A meno che tu non sia Antonio, che ha la piscina più vicina a 2 ore e mezza di machcina, allora ok, ti immergi anche a febbraio vestito da palombaro e fai quello che puoi. Ma Antonio è l’eccezione, forzata.

Allenarsi solo in acqua aperta non è una strategia, è un compromesso.
L’acqua aperta è una figata, ma se non la alterni al cloro, ti rende solo più bravo a galleggiare – non più veloce.

Quindi sì, tuffatevi, schivate meduse e incazzatevi con le onde.

Poi però tornate in vasca.

mercoledì 7 maggio 2025

PASSO LENTO UN CAZZO! (Se fai i lunghi più veloce del tuo passo gara Ironman, stai solo sabotando te stesso. E pure chi ti allena)

 


L’altro giorno mi scrive un atleta.
(Pippa, tra l’altro. Ma bravo, eh, nel senso umano. Ciao se stai leggendo.)

“Coach, oggi lungo lento. 24 km. Passo medio 5’30’’. Piano, eh.”

…piano?

PIANO DOVE?
RISPETTO A CHI?

Partiamo da un concetto base:

Il “passo lento” non è quello che TI sembra lento.
È quello che È lento rispetto ai tuoi ritmi.

Se il tuo passo gara Ironman è 5’40”/km,
e ti fai il lungo a 5’30”…
quello NON è un lento.
È più forte del passo gara.

E non vale “ma mi sentivo bene”
perché anche l’adrenalina delle prime tre vasche ti fa sentire Michael Phelps,
poi al km 31… diventi un meme.

📉 I lunghi si fanno lenti. Punto.

  • Non perché siamo pigri.

  • Non perché abbiamo non c'abbiamo un cazzo da fare (ok, sì... anche per quello)

  • Ma perché sono costruiti per farti durare, non esplodere.

Un lungo fatto bene costruisce resistenza aerobica, economia di corsa, controllo mentale.
Un lungo fatto troppo forte costruisce solo una bella crisi.

💣 Il “passo gara Ironman” non è un ritmo lento.

È un ritmo di gestione, che ti permette (forse) di arrivare alla finish line con ancora un volto umano.

Ma non è un lento.
Il lento è più lento del passo gara.
Se il tuo passo Ironman è 5’40”,
il tuo lento DOVREBBE stare tra i 6’10” e i 6’40”.
Esatto. Quella roba che “se mi vedono correre così mi prendono per un principiante”.

🤯 Ecco cosa succede se fai i lunghi troppo forti:

  • Bruci più glicogeno → finisci prima (il lungo diventa corto)

  • Ti stanchi mentalmente → consumi attenzione (perchè anche quell è una risorsa)

  • Sfasci l’intensità settimanale → rischi il sovraccarico (allora perchè cazzo paghi un allenatore?)

  • Arrivi alla settimana dopo come un tostapane bruciato (o lo porti ad aggiustare o lo butti)

🤬 È proprio qui che nascono le cazzate!

Nel voler sentirsi “forti” anche quando non serve.
Nel confondere l’efficacia dell’allenamento con la sensazione di fatica.
Nel credere che se non ti spacchi in due, non serve a niente.

E invece servirebbe…
correre piano.
Davvero piano.

Io lo so che sei capace di andare più forte.
Ma tu sei capace di andare più piano? 

lunedì 5 maggio 2025

IL PIANO CARTESIANO DELL’ATLETA IDEALE (Quando coaching, immagine e gratificazione si incontrano… oppure no)

 

Allora, oggi si va di matematica emotiva.
Immagina un bel piano cartesiano.
Due assi.

  • L’asse X rappresenta il ritorno di immagine che hai come coach nell’allenare una certa tipologia di atleta.
    (Esempio: ti ha taggato in ogni post di Instagram, ha un fisico da copertina e ti cita in un’intervista → ritorno alto.)

  • L’asse Y rappresenta la gratificazione personale che hai nell’allenarlo.
    (Esempio: ti scrive feedback utili, si impegna, migliora, ti rispetta → gratificazione alta.)

Chiaro?

Ok. Ora andiamo a mappare gli atleti reali che popolano le tue tabelle, le tue giornate e, a volte, anche i tuoi incubi.

 

✨ L’ATLETA PERFETTO

Ritorno d’immagine: Alto
Soddisfazione personale: Alta

È l’atleta ideale sotto ogni punto di vista. Si allena con costanza, migliora di continuo, ti ringrazia pubblicamente e ti rende orgoglioso. È serio, competitivo, rispettoso e, in più, ti porta visibilità. Non crea problemi, non salta allenamenti e non fa polemiche. È così prezioso che lo alleneresti anche gratis (ma meglio se non lo sa).


🫥 IL NOBILE INVISIBILE

Ritorno d’immagine: Basso
Soddisfazione personale: Alta

Non cerca riflettori, non posta nulla, e probabilmente nemmeno dice in giro che è seguito da un coach. Ma per te è un piacere lavorare con lui: ti ascolta, si impegna, ti ringrazia con sincerità. Non ti farà guadagnare follower, ma ti fa dormire sereno.


📸 LA STAR INSTAGRAMMABILE

Ritorno d’immagine: Alto
Soddisfazione personale: Bassa

È ovunque sui social, ma non dove dovrebbe essere: in tabella. Ti tagga solo quando gli conviene, fa tutto a modo suo e ogni feedback è vago o assente. La sua presenza online è impeccabile, ma la relazione è frustrante. Devi scegliere se restare per la visibilità o salvaguardare la tua sanità mentale.


🙈 IL “PERCHÉ L’HO PRESO?”

Ritorno d’immagine: Basso
Soddisfazione personale: Bassa

Una fonte continua di fatica e dubbi. Salta allenamenti, mente nei report, non risponde ai messaggi e non migliora. Eppure, ti chiede più qualità. Non sai perché lo hai preso, ma ora sei dentro. Serve una profonda riflessione.


🚀 IL BOMBER INATTESO

Ritorno d’immagine: In crescita
Soddisfazione personale: Alta

All’inizio sembrava normale, timido, incerto. Poi ha sorpreso tutti, anche te. Si è acceso, ha cominciato a credere in sé e nel piano. Ti segue, ti ringrazia, si fida. È un atleta che ripaga ogni investimento emotivo.


🧠 IL FENOMENO DIFFICILE

Ritorno d’immagine: Alto
Soddisfazione personale: Alterna

Ha talento, risultati, intelligenza. Ma anche un ego importante. Ti risponde a monosillabi, fa il contrario di ciò che dici e si prende il merito di ogni vittoria. Se perde, è colpa tua. Allenarlo è stimolante e stressante allo stesso tempo.


🫶 L’AMICO FEDELE

Ritorno d’immagine: Basso ma sincero
Soddisfazione personale: Alta

Non è rumoroso, non cerca visibilità. Fa tutto ciò che gli chiedi, ti aggiorna con precisione e condivide dubbi e successi. C’è sempre, anche nei momenti difficili. Un rapporto profondo, da scriverci un libro.


🗯️ IL CHIEDI-TUTTO

Ritorno d’immagine: Basso
Soddisfazione personale: Frustrante

Ti assilla con domande, chiede spiegazioni per ogni dettaglio, ma poi non applica nulla. Non cambia, non cresce, e ti ruba tempo ed energia. Dopo ogni sua notifica, ti passa la voglia di allenare.


🧊 IL PRECISINO

Ritorno d’immagine: Medio
Soddisfazione personale: Alta

È pignolo, metodico, preciso. Registra tutto, anche i dettagli inutili. I suoi report sembrano bilanci aziendali. Un coach sogna di averne dieci come lui… fino a quando non diventano venti e sembri un amministratore delegato.


🤝 IL COMPAGNO DI VIAGGIO

Ritorno d’immagine: Medio
Soddisfazione personale: Alta

Lo conosci da sempre. Non è il più forte né il più visibile, ma è una costante nella tua vita. Vi scrivete anche quando non serve. La relazione va oltre il coaching: è stima, fiducia, amicizia.


 📲 L’ATLETA “WHATSAPP POST-GARA”

Ritorno d’immagine: Medio
Soddisfazione personale: Molto alta

Ha appena tagliato il traguardo, è ancora senza fiato, ma ti scrive subito: “Coach, ti giuro, oggi ho dato tutto. Grazie.”
Quell’ondata emotiva ti arriva addosso e, anche se la prestazione non era da record, per te vale oro. Lavorare con lui è un’iniezione di senso.


🫠 IL “MA IO LO FACCIO DIVERSO”

Ritorno d’immagine: Basso
Soddisfazione personale: Minata

Ogni allenamento diventa una proposta alternativa, ogni tabella un parere da "personalizzare".
“Coach, ho fatto un po’ a modo mio, mi sembrava meglio così…”
Tu ci metti metodo e struttura, lui risponde con anarchia travestita da iniziativa.


🧪 IL BETA TESTER INCONSAPEVOLMENTE PREZIOSO

Ritorno d’immagine: Basso
Soddisfazione personale: Alta

Non lo sa, ma lo usi per testare protocolli, idee, esperimenti.
Accetta tutto con fiducia, non si lamenta mai.
Non sarà mai sul podio, ma ti aiuta a diventare un coach migliore. È il tuo laboratorio umano su due gambe.


🐢 IL LENTO FELICE

Ritorno d’immagine: Basso
Soddisfazione personale: Enorme

Corre piano. Sempre. Ma con entusiasmo contagioso.
Ti racconta ogni uscita come se avesse scalato l’Everest.
“Coach, oggi 8 km! A un ritmo vergognoso, ma ce l’ho fatta.”
E tu pensi: questo è il vero spirito dello sport.


🤩 L’ENTUSIASTA A CICLI

Ritorno d’immagine: Medio
Soddisfazione personale: Variabile

Ha picchi di motivazione stellari e crolli improvvisi.
Scompare per settimane, poi torna con vocali epici: “Scusami, ho avuto un periodo, ma adesso ci sono. Più motivato che mai.”
Tu lo riprendi, ancora una volta. E ci credi. Ancora una volta.


🧳 IL “SEMPRE IN VIAGGIO”

Ritorno d’immagine: Basso
Soddisfazione personale: Intermittente

“Coach, settimana prossima sono a Lisbona. Poi Madrid. Poi Bali.”
Tu adatti la tabella a ogni fuso orario, ogni imprevisto, ogni escursione.
Alla fine ti chiedi: chi sto allenando davvero, lui o il suo avatar da travel influencer?


🎭 IL DOPPIOGIOCHISTA

Ritorno d’immagine: Basso
Soddisfazione personale: Confusa

Ti dice che fa tutto, ma i dati non tornano.
Dice che va tutto bene, poi sparisce.
Dice che sei il migliore, ma nel frattempo cambia coach.
È come allenare un personaggio, non una persona. E forse non è nemmeno reale.


🤯 L’EX SCOPPIATO MA RINATO

Ritorno d’immagine: Medio
Soddisfazione personale: Altissima

Era sparito nel nulla dopo un burnout, un infortunio o una delusione.
Poi è tornato. Con umiltà, dedizione e voglia di riscatto.
Ogni tuo consiglio lo segue come fosse oro. E tu ti emozioni nel vederlo rinascere.


💸 “PAGALO STESSO”

Ritorno d’immagine: Nulla
Soddisfazione personale: Bassa

Non si è allenato per un mese, poi ti chiede: “Coach, devo comunque pagare?”
Sì. È come andare al ristorante, non ordinare nulla, e pensare che il coperto sia gratis.
Eppure, per correttezza, glielo spieghi con pazienza.


🌟 “LA STAR”

Ritorno d’immagine: Alto (quando si ricorda)
Soddisfazione personale: Media

È un PRO, un’icona. Intervistato, sponsorizzato, seguito da migliaia.
Ti cita solo se vince, e solo se ti ricorda.
Tu sei coach… ma spesso anche segretario, autista, confidente.
Hai visibilità, ma spesso poca gratitudine.


🏅 “IL CAMPIONCINO”

Ritorno d’immagine: Localissimo
Soddisfazione personale: Alterna

È una celebrità a livello provinciale. Re della pista della zona industriale, protagonista delle gare da 10 km sotto casa.
Fuori dalla sua città non lo conosce nessuno, ma si comporta come se fosse il cugino segreto di Jan Frodeno.
Allenarlo è un altalena tra entusiasmo e sopportazione.


👟 “PAPINOPAY”

Ritorno d’immagine: Neutro
Soddisfazione personale: Bassa

È il figlio di papà. Non ha idea di cosa significhi sacrificio o responsabilità. Ma ti paga. Puntuale.
Non si impegna davvero, spesso ignora i feedback, eppure è sempre equipaggiato come se fosse al Mondiale.
Perché lo alleni? Perché fa comodo. E lo sai


🔄 “IL BOOMERANG”

Ritorno d’immagine: Minima
Soddisfazione personale: Emotiva ma logorante

Se ne va. Poi torna. Poi se ne va di nuovo. Poi torna ancora.
Vive in un loop continuo di indecisione, crisi esistenziali e nostalgia.
Con lui è tutto instabile, ma quando c’è, ti coinvolge. Forse troppo.


🗣 “IL MILLANTATORE”

Ritorno d’immagine: Ambiguo
Soddisfazione personale: Surreale

Non lo alleni. Ma lui dice di sì.
Scopri i suoi presunti “PB” dai social. Ti tagga in post celebrativi per tabelle che non hai mai scritto.
Non sai se arrabbiarti o farti una risata. Magari entrambe.


💶 “IL LOW COST”

Ritorno d’immagine: Zero
Soddisfazione personale: Nulla

Ti ha scelto perché costi meno della concorrenza. E te lo fa capire.
Non ti segue davvero, non ti stima, non vuole nemmeno sapere chi sei.
È un cliente. Solo un cliente. Ma nemmeno di quelli buoni.


❤️ “FANTASESSO”

Ritorno d’immagine: Nessuna
Soddisfazione personale: Falsa

La alleni gratis. Non perché è un caso umano. Ma perché speri – nel profondo – che te la dà.
Spoiler: non succede. Mai.
Ma tu continui a sperare. E a fare le tabelle con un’attenzione che non hai mai avuto per nessuno.

lunedì 28 aprile 2025

I 20 ATLETI CHE... DOVRESTI ALLENARE! (Perché ci sono ancora persone che ti fanno amare questo lavoro, nonostante tutto)

Qualche tempo fa scrissi un post, apprezzatissimo, sui 20 atleti che NON dovresti mai allenare.

Adesso tuttavia, mi pare giusto rendere anche merito e onore agli atleti che DOVRESTI e che VORRESTI sempre allenare.

Perchè per ogni atleta che ti fa alzare gli occhi al cielo, ce n’è almeno uno che ti fa dire:
“Dai, oggi scrivere le tabelle è quasi un piacere.”

Sono loro, gli atleti da tenere stretti.
Non perché siano sempre performanti, costanti o geniali.
Ma perché ti fanno fare il coach con il cuore leggero.


1. Quello che ti ringrazia, anche quando lo massacri

Gli mandi un 5x2000 in salita sotto la pioggia.
Ti scrive:

“Coach, mi è servito. Grazie.”
Tu piangi. Silenziosamente.


2. Quello che ti manda i feedback (su Training Peaks, non su whatsapp) senza che tu debba chiederglieli

Sai sempre come sta.
Sai sempre cosa ha sentito.
Sai cosa fare.
Tu. Sei. Felice.


3. Quello che non capisce tutto, ma si fida

Non è uno scienziato dello sport.
Ma ti ha scelto.
E si affida.
E non cerca ogni giorno su Google “variazioni del lattato nella corsa a digiuno”.


4. Quello che ti fa ridere

Ogni messaggio è una scenetta.
Ti manda meme.
Ti scrive battute.
E tu pensi:

“Ok, questo coaching è anche intrattenimento.”


5. Quello che ti chiede “come stai”

Non ti vede solo come un fornitore di tabelle.
Ogni tanto si ricorda che sei umano anche tu.
Ti scioglie.


6. Quello che ti ascolta davvero

Gli dici “rallenta”, e rallenta.
Gli dici “fermati”, e si ferma.
Un miracolo.


7. Quello che ha i suoi limiti… e li accetta

Non ti chiede di diventare un pro in 3 mesi.
Ti chiede di stare meglio. Correre meglio. Vivere meglio.


8. Quello che non ha paura di deluderti

Fa quel che può.
Quando può.
Senza ansia da prestazione col coach.
Perché si fida, davvero.


9. Quello che ti scrive dopo ogni gara (anche se è andata male)

“Grazie per esserci stato. Oggi non è andata, ma ci riprovo.”
E tu pensi:
“Questo è il motivo per cui faccio tutto questo.”


10. Quello che resta anche quando va tutto storto

Non cambia coach a ogni crisi.
Ti parla. Si confronta. Resta.
E tu, coach, cresci con lui.


11. Quello che ti ascolta… ma ti mette anche in discussione con rispetto

Non è un robot.
Fa domande vere.
Vuole capire.
E con lui, cresci anche tu.


12. Quello che migliora poco alla volta, ma migliora

Costante. Silenzioso.
Mai un colpo di testa.
Solo piccole vittorie continue.
Una sinfonia di progressi.


13. Quello che motiva anche gli altri del team

Non è un leader ufficiale.
Ma è quello che tutti stimano.
E tu lo sai. E gli vuoi bene per questo.


14. Quello che rispetta il tuo tempo

Non ti scrive 12 vocali alle 23:54.
Non pretende risposte immediate.
Ti dà spazio.
E tu, per lui, dai il meglio.


15. Quello che ti coinvolge nelle sue vittorie

Gara andata bene? Ti scrive.
Ti chiama. Ti tagga. Ti ringrazia.
Ti fa sentire parte.


16. Quello che cresce… come persona, non solo come atleta

Migliora. Cambia. Diventa più consapevole.
E tu ti dici:

“Forse, un pezzettino di questo cambiamento è anche merito mio.”


17. Quello che ha fatto tutto il percorso con te

Dall’inizio.
Dai primi passi.
E ora è lì, diverso.
Ma con te.
Storia condivisa. Emozione vera.


18. Quello con cui rimani in ottimi rapporti, anche se non lo alleni più

La collaborazione sportiva è finita.
La fiducia no.
Il rispetto no.
Ti senti ancora, magari per un saluto, un consiglio, un “come stai?”.
Perché il legame vero resta, anche quando non c’è più una tabella da condividere.


19. Quello che ti fa i regali, mica perché deve… ma perché è felice di renderti felice

Una disco.
Un cesto.
Un whisky.
Una maglietta con una scritta assurda.
Non è il regalo.
È il gesto.
È il pensiero.
È sapere che, nel suo piccolo, vuole ringraziarti per esserci stato.

E tu ti commuovi più per un portachiavi da 3 euro che per una medaglia d’oro.

20. Quello che un giorno ti dice solo: “Coach, grazie.”

Non serve altro.

Tu leggi.
Ti fermi.
Sorridi.
E riparti.


 Allenare può essere estenuante.

Ma ci sono persone che rendono tutto questo bellissimo.
Persone che, quando ti chiamano “coach”, lo fanno col cuore.

Tienile. Coltivale. Fidati di loro.
Perché sono la parte vera del mestiere.

E se oggi ne hai anche solo uno…
sei già un coach fortunato.

venerdì 25 aprile 2025

La periodizzazione a blocchi... per il coach


Dal momento che ho avuto quest'anno molti atleti che mi hanno chiesto di impostare una preparazione, non su una singola gara, ma su una competitività prolungata su più gare (naturalmente su distanza sprint e olimpica), ho valutato di sviluppare per loro un programma basato sulla periodizzazione a blocchi, che permettesse di eseguire vari cicli di carico e scarico anche a breve termine: le cosiddette fasi di "Accumulo", "Trasmutazione" e "Realizzazione".

Questo approfondimento mi ha consentito di individuare e definire un parallelo progresso strutturale del caoch, di pari passo a quello dell'altleta, ovvero:

ACCUMULO... di pazienza. Quando il volume ed il carico in generale dell'atleta, il coach deve sopportare pazientemente le sue lamentele determinate da un approccio impattante con il primo blocco di un nuovo modo di allenarsi.

TRASMUTAZIONE... dell'animo. Quando si inseriscono gli allenamenti di qualità, anche impegnativi, ma "PER MAGIA" cominciano a entrare bene all'atleta, c'è una vera e propria mutazione di approccio. In particolare si passa da: "Non ce la farò mai" a "Ma lo sai che quasi quasi..."

REALIZZAZIONE... della realtà dei fatti. Quando ti arriva alla fine il messaggio "Stai riuscendo a farmi fare cose incredibili, quando sto da solo e vedo i risultati do ve siamo arrivati mi fai piangere di gioia perchè mi stai portando a fare delle cose che non avrei mai pensato di riuscire a fare così". In questo caso però, la realizzazione dei fatti è dell'atleta, perchè il coach, sotto sotto, lo sa dall'inizio  dove porta ogni percorso.

Con ogni suo singolo atleta.

martedì 22 aprile 2025

La consistenza sui social dei coach


Ultimamente vedo parecchi giovani coach che si pubblicizzano sui social.

Alcuni lo fanno in maniera eccellente (altri in maniera patetica ma questo è un altro discorso), con contenuti e qualità grafiche davvero accattivanti.

Instagram, podcast, insomma si vede che c'è molto lavoro dietro, e fatto bene.

Mi permetto, con un pizzico di esperienza (ho inziato più di 15 anni fa a scriver eun blog che ha raggiunto quasi due milioni e mezzo di visualizzioni uniche) di dar loro qualche piccolo consiglio, non tanto per spirito paternalistico (che ci potrebbe comunque annche stare), ma anche perchè come amante del triathlon mi piacerebbe vedere questo tipo di comunicazione.

(perchè di comunicazione stiamo parlando eh, non di formazione e/o compentenza)

Innanzitutto create un prodotto che sia sostenibile e consistente a lungo termine.

Non ha senso fare un podcast meraviglioso, se poi per impegni, investimento, carenza di idee, o altri cazzi, riuscite a farlo solo per 4 mesi.

Strutturare un programma che sapete che potete gestire a lungo, anche per non illudere i vostri sostenitori.

Seconda cosa, cercate un po' originalità, non tanto nello stile (perchè ormai è facile inventarsi un personaggio) quanto nei contenuti, perchè di "5 consigli per correre al meglio" ne è pieno il web e, francamente, ce ne saremmo pure rotti li cojoni.

Terza cosa, parla come magni: quando vedo un video o leggo un post, devo sapere che quello sei tu. Se poi dal vivo parli o scrivi diversamente, si perde tutta la credibilità.

Niente di semplice e niente di immediato, lo so, ma se avete scelto il triathlon, probabilmente, lo sapevate anche voi che non ci sarebbe stato nulla di semplice e immediato…

giovedì 17 aprile 2025

I problemi intestinali in gara

 

Se sei un triatleta, c’è una cosa che prima o poi ti succederà.
Non è il crampo al tricipite nella terza ora di bici.
Non è l’aver perso l’orologio nel lago in gara. 
Non è nemmeno l’aver dimenticato le borrace.
O almeno, non solo queste cose.

È correre verso il bagno anziché verso il traguardo.

La notizia che tutti fanno finta di ignorare è che  no, non è solo questione di aver mangiato male la sera prima (o la mattina stessa).
Questa è la scusa più comoda che ci diamo, ma in realtà i problemi intestinali in gara sono spesso causati da altro.

Anche se non vuoi ammetterlo, anche se ti ostini a dirti di non esagerare con i grammi di carboidrati all'ora, o di sperimentare in allenamento i prodotti che userai in gara.

Chiariamo subito un concetto fondamentale: l'alimentazione conta, ovvio.
Se due ore prima della gara ti sei scofanato una teglia lasagne della nonna e un litro di vino perché "comunque è carboload",  ti meriti ogni singolo minuto passato in ginocchio davanti a un bagno chimico.

Ma nella stragrande maggioranza dei casi, soprattutto nei problemi acuti in gara, il principale colpevole è l’intensità dello sforzo.

Non fate finta di niente... ve lo ridico: E' PERCHE' STATE ANDANDO TROPPO FORTE.

Vari studi scientifici  classificano le cause dei disturbi gastrointestinali durante l’esercizio in tre grandi categorie:
Fisiologiche, Meccaniche e Nutrizionali.
Spoiler: solo una di queste ha a che fare con la teglia di lasagne di nonna

Quello che mi interessa adesso è il primo aspetto. 

In sostanza:

  • il sangue, durante l’esercizio, va dove serve (muscoli, cuore, ego), e l’intestino resta lì, abbandonato come il gel in fondo alla tasca
  • le cellule dell’intestino cominciano a perdere pezzi, letteralmente:  marker del fatto che il tuo intestino sta gridando “AIUTO”
  • l’intestino diventa più permeabile, diventa un colabrodo. Passano cose che non dovrebbero passare, tipo zuccheri, tossine e probabilmente anche il senso di dignità.

 La buona notizia è che c'è una soluzione, a tutto questo.

Non fare il fenomeno.

Lo so, non è semplice, ed è uno degli aspetti più complicati per un IronMan, ma  qualcuno doveva pur dirvelo (o meglio, ricordarvelo)

E poi vabbè dai, ogni tanto può succedere.
E' successo anche ai migliori, tipo me.
Anche se hai fatto tutto giusto.
Anche se hai seguito la tua tabella.
Anche se hai mangiato bene.
E no, non è una sconfitta.
A meno che non hai sporcato anche il body nuovo, allora lì sì che è una tragedia.

mercoledì 16 aprile 2025

Nuota (per sopravvivere), pedala e corri per comptere nell'IronMan (soprattutto se sei vecchio)

 

“Quale disciplina conta di più in un IRONMAN?”

La risposta, o almeno una delle tante, ce la dà la scienza. 

Il team di Beat Knechtle (sì, esiste davvero, non è il nome di un energy drink) ha analizzato qualcosa come 687.696 risultati di gare IronMan. Praticamente hanno preso tutti gli age group del mondo  e hanno visto cosa realmente impatta sul tempo finale in gara.

Il risultato, scontato per alcuni, auspicabile per molti è che il nuoto conta come il due di coppe quando briscola è bastoni.

 Non solo: se l'ertà non perdona, il nuoto ancora meno.

Con l’età, tutte le performance calano — ok, niente di nuovo.

Ma sapete qual è la prima a diventare praticamente irrilevante ai fini del risultato?

Esatto.

Sempre il nuoto. 

Di conseguenza, se avete più rughe che watt nelle gambe, ha ancora meno senso investire metà settimana in piscina. 

E manco, a dirlo, se dovete investire poco tempo in piscina, non sprecatelo con la "TECNICA" ma investite nella forza, almeno non uscite dall'acqua cotti.

Vabbè ma quindi quanto tempo dovreste dedicare al nuoto? 

Te lo dice strong in base al tuo livello:

  • PRINCIPIANTE: 20% del tempo settimanale (la bici costruisce la base, la corsa affina)
  • INTERMEDIO: 15% del tempo settimanale (il nuoto si mantiene, il resto si costruisce)
  • AVANZATO: 10% del tempo settimanale (si nuota il minimo indispensabile)

Poi c'è la questione di come mettere tutto insieme al meglio, ma a quel punto forse sarebbe meglio affidarsi un cazzo di coach...



 



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