mercoledì 16 ottobre 2024

Chiamala famiglia...

 

Chiamala adrenalina, non ansia...

Chiamala lezione, non sconfitta...

Chiamala passione, non ossessione...

Chiamalo viaggio, non traguardo...

Chiamala fame, non delusione...

Chiamala opportunità, non dubbio...

Chiamala crescita, non insicurezza...

Chiamalo investimento, non spreco...

Chiamala determinazione, non fatica...

Chiamala occasione, non ostacolo...

Chiama i chilometri fatti, non quelli che mancano...

Chiamalo privilegio, non sacrificio...

Chiamala famiglia, non squadra...

#WeAreTeamPanda

mercoledì 9 ottobre 2024

La psicologia di quando si sorpassa e quando si viene sorpassati in gara

 

Parlare di psicologia è sempre rischioso (oltre che poco professionale) quando il relatore è "solo" un allenatore, quindi cambiate "psicologia" in "tutto quello che vi passa per la testa" e stiamo a posto, ok?

Durante il mio ultimo IronMan, durante la corsa ho avuto modo di raggiungere il mio amico e compagno di squadra Alessandro (che stava comunque  un giro dietro di me).

Abbiamo chiacchierato un po', poi io mi sono fermato ad un ristoro e lui ha proseguito.

Siccome ho una certa esperienza e conosco le dinamiche dell'IronMan, ho capito subito che quella situazione  -benchè Alessandro sapesse che mi stavo fermando non per stanchezza ma per bere e poi ripartire- sarebbe stata una bella spinta motivazionale per lui: vedere che in qualche modo stacchi un atleta più forte di te è sempre una carica di adrenalina.

Quando dopo un po' l'ho raggiunto di nuovo, consapevole delle dinamiche "opposte", da parte mia è entrata subito in gioco una ricerca di un atteggiamento  che non potesse arrecargli delusione.

Lo so, ho un brutto vizio di preoccuparmi degli amici che supero o che mi arrivano dietro... non è assolutamente mancanza di competività perchè do sempre il meglio per me e per batterli, ma quello di valorizzare le esperienze (in generale) dei miei amici assuume sempre una rilevanza fondamentale in me.

Cosa ho fatto e detto dunque?

In questi casi il mio obiettivo è quello di distogliere qualsiasi riferimento alla fatica (anche comune) ed evitare incitamente generici ("Daje!" va bene quando sei nel flow, non quando stai in crisi) poco efficaci.

Ho portato subito il filo su un bel ricordo vissuto insieme, reale, ben definito, recente e nuovamente relizzabile: l'escursione notturna che avevamo fatto insieme qualche settimana prima insieme ad Alessio, promettendoci di replicarla presto.

Ha funzionato?

Beh, qualche giorno dopo la gara ne abbiamo parlato e mi ha confermato tutto: l'adrenalina quando mi sono fermato al ristoro e le stupende sensazioni quando abbiamo menzionato l'escursione.

Quindi, per tornare all'incipit del post, non vi preccupate, perchè in ogni momento e in ogni contesto ""tutto quello che vi passa per la testa.

...e la prossima settimana torniamo a fare un'escursione insieme!

martedì 1 ottobre 2024

Come essere romantici con il triathlon

 

Il triathlon è giustamente considerato uno sport moderno, sia per istituzione, sia per il massiccio uso di tecnologia usata negli strumenti e nella metodologia di allenamento.

Sapete bene che cerco sempre di “umanizzare” il più possibile il nostro contesto sportivo per vari motivi che non é il caso ora ripetere, ma quando mi imbatto in aspetti “vintage”, o come preferisco chiamarli io, ROMANTICI, non posso non lasciarmi scappare un sorriso di compiaciment.

Questo è il diario di Diego che, invece di affidarsi a strava, training peaks, garmin connect o altri portali, racconta la sua gara dipingendo con una penna le sue parole.

Una volta si diceva “come si fa a non essere romantici con il baseball” ma direi che, almeno per oggi, potremmo dire la stessa cosa per il triathlon.

venerdì 27 settembre 2024

La fretta di ricominciare (ovvero l'insoddisfazione del triatleta)


 Questa cosa davvero faccio fatica a comprenderla.

Sarà l'età e dunque la saggezza (leggasi vecchiaia) che avanza, sarà che dopo 12 IronMan ho imparato a godermi il "NON ALLENAMENTO", ma continuo a restare sorpreso dai messaggi degli atleti che hanno completato l'IronMan da meno di una settimana.

"Coach ma dalla prossima riprendiamo gli allenamenti?"

"Strong, vedendo il calendario di Training Peaks vuoto mi sento male"

"Ma lo posso fare una gara di 10km domenica? Vado piano (............)"

Sarà forse un po' di colpa anche mia, che già stiamo pianificando la nuova stagione agonistica con i ragazzi della squadra, ma pianificare NON SIGNIFICA cominciare da adesso!

Già l'ho detto qualche volta, nei giorni di allenamento vi lamentate di quanto siano impegnativi, quando avete la possibilità (meritatissima, tra l'altro) di non allenarvi, rimpiangete quei momenti.

Insoddisfazione si chiama.

Imparare a riconoscere quando bisogna essere appagati e felice, è la base per iniziare nel migliore dei modi la nuova stagione agonsitica.

Che sta lì pronta per farci diveretire, senza il bisogno di doverla anticipare.

martedì 24 settembre 2024

Il mio IronMan Italy 2024: Cum on feel the noize!


Trovare nuovi spunti emozionanti per raccontare il mio dodicesimo IronMan non sarebbe facile.

Non lo sarebbe perchè è stato il mio primo IronMan affrontato senza obiettivi.

Quelli agonistici, di un atleta amatore, li ho già raggiunti: IronMan sotto le 1o ore nel 2022 e finisher all'IronMan World Championship nel 2023.

Per l'impegno che posso e voglioo mettere a disposizione, il massimo raggiungibile è già ottenuto.

Se aggiungiamo a questo che:

1) ho partecipatoa questa gara perchè  ero già iscritto da due anni e posticipata proprio per il Mondiale dell'anno scorso

2) ho rimodulato la mia programmazione annuale diminuendo intensità e volume

...il rischio di prendere sottomano questo IronMan, cosa gravissima, era reale, così come l'eventualità di cedere "di testa" nel corso della gara, laddove fosse mancata una solida motivazione.

Nella prima riga di questo racconto, tuttavia, ho usato il condizionale.. non sarebbe facile.

Ma quando in questo finesettimana di Cervia  c'è la tua squadra, una ventina di amici che indossano i colori del Team Panda, condividendo fatica e sorrisi con te, trovare la voglia di impegnarsi al massimo diventa quasi facile.

Che poi comunque ci sono arrivato ben preparato a questa gara, con l'idea di far bene, e bene alla fine è andata, a cominciare dal nuoto... passano gli anni, i volumi di allenamento, le programmazioni, le mute consentite o meno, ma alla fine il tempo dei miei 3800mt è SEMPRE tra 1h e 1h05'.

E va bene così.

La grande sorpresa è la bici.

Nonostante ho fatto un casino con l'orologio e dopo il nuoto gareggero senza alcun riferimento cronometrico , affronto i 180km in estrema facilità, sottoritmo e senza voglia di faticare eccessivamente, tirando fuori una frazione molto solida per i miei standard, nella quale mi sono divertito a spingere fino all'ultimo metro senza la minima stanchezza (e senza la minima scia, anche se questo ormai è un fattore che, soprattutto quando vedo gli altri, non mi interessa più).

E poi la corsa, quei 42km finali, che affonto da subito con l'idea di godermela.

"Vado facile e mi diverto".

In realtà so bene che, per quanto facile possa andare, alla fine è sempre un gran bucio de culo.

Però sì che mi diverto, ignaro completamente di quale sia il mio tempo di gara.

Scherzo con il pubblico, incito i miei compagni di squadra e altri amici sul percorso e mi godo tutto il rumore della folla lungo quei 100mt finali sul tappeto rosso.

Ma l'emozione più grande, in tutti questi 12 IronMan, è sempre il momento in cui mia moglie mi attende all'arrivo e mi passa il cappellino da Panda.

Perchè alla fine, dopo tutte le emozioni, i traguardi e le medaglie, questo resto: quello con il Panda in testa.

P.S. quando vado a ritirare la bici e mi viene in mente che ancora non ho visto il mio tempo di arrivo, apro l'app e visualizzo 10h21' vicino al mio nome. Capite quando dico che degli IronMan quello che resta nel tempo non è il risultato cronometrico (importante per carità) ma le emozioni... Poi, naturalmente, ognuno sceglie cosa è importante.... alla fine, è sempre una questione di scelte.

venerdì 13 settembre 2024

L'età giusta di un coach

 


Questa è una domanda che spesso mi sono posto.

C'è un'età giusta per un caoch che possa allenare atleti di qualsiasi età? 

Non parliamo, in questo caso, di adattabilità alla metodologia di allenamenti ma esclusivamente al rapporto coach/atleta basato sulle rispettive età.

Un rapporto che dovrebbe includere di conseguenza rispetto, carisma, autorevolezza, empatia e stesso livello comunciativo.

Una cosa tutt'altro che semplice.

Un allenatore bravissimo di 30 anni può incarnare i criteri sopra descritti allenando un atleta amatore di 50 o più anni?

Analogamente, un allenatore esperto e autoritario, riuscirebbe bene a trasmettere i propri insegnamenti a un ragazzo di 20 anni con la certezza che vengano recepiti nel migliore dei modi?

E ora è il momento dell'autocritica.

Nel primo caso mi sono trovato molto più a mio agio: quando a 35 anni ho cominciato a costruire il mio profilo di allenatore riuscivo ad interfacciarmi discretamente con atleti molto giovanni e persone più mature.

Adesso, sinceramente, faccio più fatica a trovare un solido filo conduttore con gli atleti giovani.

Se da un lato la colpa è esclusivamente mia che, nonostante due figli adolescenti che testano continuamente il mio livello di vetustà, non riesco a trovare la chiave perfetta, riconosco oggettivamente che il problema principale di (alcuni) atleti giovani è di non dare importanza rilevante agli allenamenti rispetto ad altri fattori.

Il che, detto tra noi, non è necessariamente una prospettiva sbagliata, ma una sfida che, sebbene stia perdendo, ancora non è conclusa.

C'è ancora tempo e voglia per lavorarci.

lunedì 9 settembre 2024

Qual è la più grande soddisfazione per un coach?

Sarò sincero, e ve lo dice uno che come ben sapete mette i sentimenti e le relazioni personali al primo posto, ma chiaramente la più grande soddisfazione professionale per un coach è quella di portare il suo atleta all'obiettivo ambito.

Si condivide esaltazione e delusione con l'atleta nella riuscita e nella mancanza.

Poi però, c'è un'altra, enorme, soddisfazione, che non ha nulla a che vedere con la prestazione sportiva.

Costruire un percorso attraverso una preparazione per il triathlon che porti un atleta a vivere questo sport dai complicati risvolti sociali in maniera serena ed equilibrata, è chiaramente una necessità imprescindibile che ogni coach dovrebbe perseguire.

Ma credetemi, c'è un'altra situazione che riempie di uguale soddisfazione il cuore di un coach: recuperare un atleta "perso".

Un atleta che ha perso la voglia di fare sport anche amatoriale, che non si diverte più, che ha un rigetto a indossare un pettorale a prescindere da suo livello.

Certo, non è semplice, perché bisogna lavorare bene incastrando sia aspetti motivazionali che fisiologici, cucendo bene addosso una progressione di carico che renda nuovamente speciale il triathlon.

Ecco, recuperare da quella palude una persona e ridarle la gioia, perché alla fine lo facciamo per questo, di fare sport, non sarà come portare qualcuno alla qualifica per Kona, ma si tratta davvero una gratificazione impagabile.

martedì 27 agosto 2024

I maniaci dei dati (e del TSS)


Con il tempo e la vecchiaia, ho avuto un approccio meno integralista alle modalità di allenamento.

Laddove davo esclusiva importanza alle sensazioni, ho imparato ad apprezzare anche  la bontà dell'analisi dei freddi dati.

Qui bisogna comunque chiarire due cose:

1) svolgo quotidianamente un lavoro di analisi e ho sempre riconosciuto importanza e valore a questo tipo di metodo quindi, al contrario di quanto si possa pensare, non ho mai avuto un approccio prevenuto 

2) resto comunque dell'idea che sopratutto nel triathlon, imparare a riconoscere, interpretare, valutare e gestire la percezione dell'intensità sia ancor più importante, per tanti fattori che ho già spiegato migliaia di volte, rispetto ad un'interpretazione rigida dei dati

Per la legge del contrappasso, chiaramente ho avuto e ho modo di allenare atleti che "ascoltano" solamente  i numeri, arrivando a cose che credevo impossibili.

La difficoltà in questi casi è di non riuscire a gestire il riadattamento del passo in estate con le alte temperature, ostinandosi a mantenere determinati ritmi perchè "due mesi prima li facevano facili".

E quando - soluzione drastica a estreme testardaggini, ho impietosamente rimodulato tutte le loro intensità di carico, e finalmente i ritmi erano attinenti, subentrava il nuovo insormontabile dilemma.

"Ma non corrisponde il TSS!!!"

(tecnicamente: Training Stress Score, una stima di Training Peaks sul livello di intensità, ma forse sarebbe più adatto Trattamento Sanitario Straordinario)

lunedì 12 agosto 2024

La metafisica del triathlon



Vanno benissimo tutte le cose analizzabili, i watt, la frequenza cardiaca, il passo.

Chiaramente, li possiamo identificare, isolare, analizzare e trarne le conseguenze.

La determinazione di compiere un passo in più, l'emozione che abbiamo durante un momento particolarmente coinvolgente della nostra gara, ma anche la decisione di voler gestire una determinata fase in uno specifico modo (più veloce o più lento del previsto), così come (ancora) la percezione che abbiamo di tutto quello che riguarda il nostro procedere (dal nostro corpo ai fotti esterni), cosa sono "invece"?

Sono, altrettanto chiaramente, cose reali, definite ed esistenti sebbene non tangibili ed esaminabili e per questo la scienza per quanto imprescindibile non esaurisce la ricerca umana non solo nella quantità ma nel campo.

L'essenza di quelle e di altre entità risiede già nell’identificarle e definirle: se qualcosa posso riconoscerla non può non esistere.

Neppure è un atto chiuso che rimane tra il pensante (io) e il pensato (mio), perché è chiaramente identificabile,  riconoscibile e interagibile da molti.

Se la scienza si può limitare a circoscrivere un processo del genere nell’ambito del positivismo medico, deve necessariamente cedere il passo (immagino per molti con vergognosa e inesprimibile sconfitta) alla metafisica, oppure addure implausibili motivazioni.

Siamo ancora a una distanza siderale dai campi esprimibili dalla scienza e l'illusione che lo scoperto possa aver una rilevanza prioritaria sul non scoperto mi regala sempre un sorriso.

Sebbene, riconosco, strappi ancora più sorrisi ai suoi rigorosi seguaci quando leggono i miei vaneggiamenti.

giovedì 8 agosto 2024

Strategia nutrizionale per l'IronMan


Visto che la strategia nutrizionale per un ironMan rimane uno degli argomenti più compelssi, dibattuti e soprattutto richiesti dagli atleti, ho pensto di sintetizzare in un'infografica gli elementi fondamentali da tenere a mente. 

Chiaramente si tratta di un'estrema sintesi di concetti che andrebbero sicuramente approfonditi e personalizzati in base alle esegigenza di ogni singolo atleta (motivo per cui vi consiglio vivamente di rivolgervi ad un nutrizionista sportivo), ma vale la pena di fissare alcuni elementi di quello che per molti è definito "la quarta frazione del triathlon".

Curare ogni aspetto nutrizionale di un IronMan, oltre ad essere un requisito fondamentale per chi ricerca una prestazione soddisfacente, risulta assolutamente necessario anche per chi voglia "semplicemente" concludere una gara del genere.

Tanto lo so, che dopo tuta questa premessa, vi ritrovere comunque la mattina della gara ancora con la calcolatrice in mano a improvvisare i conti dell'ultimo minuto...

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