lunedì 7 aprile 2025

Il mito dell'IronMan con 10 ore di allenamento a settimana

 


Diciamoci la verità.

Il triathlon sprint potrà essere quello più divertente, l'olimpico quello più duro, il 70.3 la distanza perfetta, ma quello che richiama maggiormente l'attenzione, il desiderio e ogni più becera attenzione di ogni provetto triatleta resta l'IronMan.

Di conseguenza, anche da parte di chi deve vendere questo prodotto si cercano mile espedienti per farlo sembrare più semplice di quello che sia e attirare nuovi adepti.

Uno di questi, è il tempo per prepararlo, e per tempo non intendo quanti mesi, ma proprio le ore settimanali da dedicare agli allenamenti.

Se da una parte proporre una base di venti (o più) ore settimanli alla maggiorparte degli atleti può sembrare uno schiaffo che riporta ambizioni e sogni alla realtà, è pur vero che la promessa di sentire quel fatidico "YOU ARE AN IRONMAN" allenandosi con una manciata di ritagli di tempo può presentare un pericoloso lato della medaglia.

Uno dei primi famosi allenatori a proporre questa possibilità è stato Matt Dixon, grazie a ottimi risultati che ottenne con i suoi atleti.

Il problema, anzi, i problemi, sono però molteplici.

  • gli atleti che raggiunsero risultati notevoli erano professionisti travestiti da amatori
  • bisogna concentrare molti allenamenti di qualità con conseguente aumento del rischio infortunio
  • non ci si può permettere di saltare in varie occasioni l'allenamento per non diminuire drasticamente il volume totale (e necessario)
  • Certo, è possibile, e per certi versi potrebbe avere anche un senso.

    Per quanto mi riguarda, tuttavia, è una soluzione che andrebbe adottata esclusivamente verso quegli atleti che si vogliono approcciare all'IronMan, con già un minimo di esperienza sulle altre distanze, e che soprattutto non ricerchino la prestazione sportiva.

    In quel caso, cercando di costruire un minimo la distanza a discapito della qualità si potrebbe raggiungere decentemente il proprio obiettivo.

    Prima di arrivare a questo, tuttavia, sarebbe il caso di farsi una chiacchierata con il proprio atleta per conoscere le motivazioni a monte che lo indirizzerebbero verso un percorso del genere.

    Perchè il percorso resta SEMPRE la parte più bella di ogni viaggio.

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