Questa è una domanda che spesso mi sono posto.
C'è un'età giusta per un caoch che possa allenare atleti di qualsiasi età?
Non parliamo, in questo caso, di adattabilità alla metodologia di allenamenti ma esclusivamente al rapporto coach/atleta basato sulle rispettive età.
Un rapporto che dovrebbe includere di conseguenza rispetto, carisma, autorevolezza, empatia e stesso livello comunciativo.
Una cosa tutt'altro che semplice.
Un allenatore bravissimo di 30 anni può incarnare i criteri sopra descritti allenando un atleta amatore di 50 o più anni?
Analogamente, un allenatore esperto e autoritario, riuscirebbe bene a trasmettere i propri insegnamenti a un ragazzo di 20 anni con la certezza che vengano recepiti nel migliore dei modi?
E ora è il momento dell'autocritica.
Nel primo caso mi sono trovato molto più a mio agio: quando a 35 anni ho cominciato a costruire il mio profilo di allenatore riuscivo ad interfacciarmi discretamente con atleti molto giovanni e persone più mature.
Adesso, sinceramente, faccio più fatica a trovare un solido filo conduttore con gli atleti giovani.
Se da un lato la colpa è esclusivamente mia che, nonostante due figli adolescenti che testano continuamente il mio livello di vetustà, non riesco a trovare la chiave perfetta, riconosco oggettivamente che il problema principale di (alcuni) atleti giovani è di non dare importanza rilevante agli allenamenti rispetto ad altri fattori.
Il che, detto tra noi, non è necessariamente una prospettiva sbagliata, ma una sfida che, sebbene stia perdendo, ancora non è conclusa.
C'è ancora tempo e voglia per lavorarci.
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