Quando un atleta, a poche settimane dalla gara principale della stagione, lamenta qualche doloretto, bisogna subito valutare bene il campanello d’allarme.
Il grosso del lavoro è stato fatto e, almeno in questo caso, preferisco adottare una via più conservativa, meglio perdere un po’ di forma (nonostante il tapering di un IronMan è piuttosto delicato e non bisognerebbe mai tagliare improvvisamente il volume) che rischiare di rovinare tutto.
In più ci si aggiunge che un atleta impaurito nell’approccio ad un allenamento in questa situazione, potrebbe fare ulteriori danni modificando impulsivamente modalità ed esecuzione dello stesso allenamento.
Però, quando il problema si risolve senza strascichi, non c’è più motivo di rallentare o fermarsi, nonostante il timore nella testa dell’atleta permanga.
I riscontri, sia diagnostici che sul campo, indicano totalmente una possibilità di ripresa completa dell’allenamento (chiaramente con le dovute rimodulazioni di volume e intensità), ma comunque vi capiterà di dover fronteggiare immotivate reticenze dell’atleta.
“Mi sa che ormai mi conviene rimandare la gara”
“Ha ancora un fastidio, anche se non è clamoroso”
“Stamattina MI SENTO INFIAMMATO (…)”
“Semmai faccio una prova”
“Oggi è meglio che non mi alleno perché ho paura di rifarmi male”
E qui, terminati sia il recupero ma anche la comprensione, c’è solo un modo e una riposta con cui contrastare questo muro di gomma:
“Vatti ad allenare e non rompere più il cazzo!”
P.S.Chiaramente, l'IronMan che ha fatto "il malato immaginario" si è concluso con il suo personal best...
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