Sono già due atleti che alleno che mi fanno notare come le mie idee possano essere accumunate al principio del rasoio di Ockham.
La cosa, oltre che onorarmi, dal momento che sono solito creare mediocri parallelismi tra sport e filosofia, mi lascia anche soddisfatto, perchè è proprio un tipo di messaggio che mi piace veicolare.
Anche se gli americani usano l'espressione KISS (keep it simple, stupid!) molto meno elegante rispetto alla citazione del teologo inglese, il concetto di fatto è il medesimo.
Innanzitutto il ricorso all'esperienza come fondamento della conoscenza di ciò che dovremo valutare, rigettando di conseguenza tutto ciò che trascende i limiti dell'esperienza stessa: l'acquisizione di tale esperienza ci permetterà di conoscere con tutta evidenza se una situazione c'è o non c'è, giudicandone immediatamente la realtà o l'irrealtà.
Estendendo il concetto al mondo del triathlon, e indotto nell'esecuzione o metodologia di un allenamento, ovvero al ricorso di uno strumento, calzerebbe perfettamente la nota espressione occamiana "non sunt multiplicanda entia sine necessitate" ovvero «gli enti non si devono moltiplicare più del necessario». (certo, poi c'è il problema del ricnoscimento universale del concetto di semplicità, ma qui andiamo troppo sul complesso, soprattutto per me)
Non ho nulla in contrario ed anzi apprezzo chi cura i minimi particolari di ogni aspetto del triathlon, ma la mia ideaa è quella di tagliare ogni elemento non necessario (ossia che complichi la situazione) che di conseguenza mi porterà:
1) ulteriori perdite di tempo
2) distogliere l'attenzione dagli aspetti più rilevanti
3) stress pari o superiore alla corrispondente gratificazione
In sintesi...
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