Ho spesso parlato di viaggio, parlando di questa gara, dall'idea di farla alla preparazione, dalla partenza all'arrivo.
Sì, l'arrivo.
Quel traguardo che in alcuni momenti sembra così vicino che puoi toccarlo, in altri così invisibile che vorresti fermarti ed abbandonare tutto.
Anche se sai che non lo farai mai.
E' stata la gara più dura che abbia fatto, ma come spesso succede in questi casi, la più bella.
Uno di quei viaggi, appunto, dove non cambieresti nulla, dalla compagnia di Piastrella e Ilaria al bicchiere (sì, bicchiere) di acqua naturale pagato 2,50€.
Le "buone vibrazioni" si sono percepite appena messo piede in Olanda.
Empatia con il posto, empatia con le persone.
Ma questo meriterà un racconto a parte, il viaggio che voglio raccontare ora è quello un po' più breve, ma comunque di 226km.
Il primo metro è una bracciata nella Mosa, il fiume che taglia Maastricht.
Io e Marco decidiamo di partire insieme, ma alla fine ci perdiamo nel piccolo passaggio per arrivare alla partenza.
Anche se toglie spettacolarizzazione all'evento - la mass start ha un bell'effetto scenico - la rolling start mi piace perche ti permette partendo uno alla volta di prendere subito il tuo ritmo.
In questo caso però le operazioni sono particolarmente lente e si perde un po' troppo tempo.
Comunque, sarà l'unica parte facile della gara.
Nuotare su un canale senza possibilità di sbagliare direzione e con le acque calme sicuramente è la condizione più semplice per affrontare la prima frazione.
I primi 1600mt sono controcorrente, ma sono quelli dove ancora hai tutte le energie e non senti fatica.
Uscita dall'acqua per un breve passaggio su un'isoletta, il tempo non è eccezionale ma sono consapevole che al ritorno la corrente sarà a favore.
E così sarà.
Il beep che avevo messo sull'orologio ad ogni 500mt sembra suonare molto più velocemente ed in 1h03' termino la prima fatica.
1'42" di passo, in linea con quello che mi aspettavo.
Breve sosta al bagno e si comincia a pedalare.
I primi chilometri sono una bellezza.
Piatti ed asfalto perfetto.
Mi passano in tanti, ma l'imperativo per il primo quarto di gara è stare tranquillo e tenere il cuore basso.
Comunque, il pezzo facile dura meno di 10km, poi si comincia a ballare.
Credetemi, non c'era un singolo chilometro in pianura o dritto.
Tutto saliscendi e curve a gomito in continuazione.
Un incubo?
Se vuoi fare il tempo probabilmente, se invece sei capace di assorbire il bello di ogni cosa è uno spettacolo.
Deliziosi paesaggi tra la regione di Limburgo e le Fiandre (sì, perchè attraverseremo anche il Belgio), incitamente ad ogni paesetto e tanto verde.
Certo, non solo.
Anche pezzi di strada cementata, rampe con pendenze assurde costruite per l'occasione per scavalcare qualche via principale e tratti in pavè.
Percorso perfetto per una granfondo nordica (molti passaggi combaciavano con la Amstel Gold Race), poco ideale per un Ironman.
Ma sti cazzi.
Sono qui per divertirmi e mi sto divertendo.
Sono qui per vivere ogni emozione, non per una medaglia.
Vabbè questa è una cazzata, sono qui anche per la medaglia, porca puttana!
Quando comincia a piovere e le strade si infangano, e gli occhiai si appannano, e i passaggi nei boschi si rabbuiano, e i freni in carbonio non frenano, e il pavè ti scivola da sotto le ruote, invece di preoccuparmi, mi si stampa un sorriso in faccia.
Sto bene.
E sono felice.
Certo, dopo 180km di battaglia (182 per la precisione) a 30km di media (30.3 per la precisione) e bisogna cominciare a correre, sto un po' meno bene.
Che poi in realtà non ho dolori e non corro neanche male, ma arriva una crisi di testa.
Non vedevo l'ora di cominciare a correre ma 42km ora sembrano un'eternità.
Dopo due chilometri c'è subito una salita spaccagambe.
C'è già gente che cammina.
Ancora una volta, impensabile fare andature veloci ma questi cambi di ritmo a me piacciono, aiutano a spezzare la monotonia.
Anche di corsa non c'è un metro in pianura, ma neanche un metro dove sei solo.
Trovi incitamento dal pubblico in continuazione.
Uno spettacolo.
Si scende di nuovo e si sale di nuovo, prima in città, poi nel parco e poi ancora in città.
Sui sanpietrini.
Di nuovo.
Al secondo passaggio Alessia mi dice che tutti ma proprio tutti gli amici mi stanno incitando con il loro #1km4strong.
Prima botta di commozione.
Non poteva esserci una botta motivazionale migliore di questa.
Ho scritto i loro nomi sulle braccia portandoli dietro con me e loro mi stanno ripagando come meglio non avrebbero potuto.
Anche il secondo giro va bene.
Poi, naturalmente arriva il conto.
Dopo nove ore di gara puoi aspettartelo da un momento all'altro.
La crisi ora non è di testa ma proprio fisica.
Ogni salita diventa l'Everest, in discesa ogni muscolo urla e sui sanpietrini sento le ossa scricchiolare.
Quando incrocio Alessia le rapporto il mio bollettino di guerra.
Ho le ginocchia a pezzi e sono stanchissimo.
Incrocio di nuovo Alessia che taglia da un vicolo all'altro per seguirmi, mi prendo gli incitamenti di Ilaria e di Aurelie e scambio un sorriso abbozzato con Fabio, sfortunato anche oggi.
Ma la crisi non passa.
Quando stai in fondo al pozzo però, la motivazione dove meno te l'aspetti.
La mia l'ho trovata in un ragazzo subito dopo il passaggio davanti l'arrivo.
Proprio mentre sto passando tira fuori un cartello di cartone con scritto "Be Iron", mi sorride ed alza il pollice.
Niente di che, ma basta per rasserenarmi.
E giù lacrime.
Ormai manca un solo giro.
Solo 11km.
Qui la sofferenza finisce.
Entro in modalità "pilota automatico" abbasso il livello di sofferenza e cerco di godermi ogni singolo metro, per l'ultima volta, questa volta.
Sono io ad incitare la folla ai miei passaggi e tutti rispondono urlando.
E' la mia passerella.
Al 41°km riprendo un ragazzo che aveva corso con me i primi 5km e poi aveva accelerato.
Ammazza come corre bene, avevo pensato.
Ma il conto non sai mai quando arriva.
Gioia, tristezza, euforia e sconforto si alternano senza criterio in questo gioco lungo, almeno per me undici ore e trentaquattro minuti.
Davanti l'arrivo trovo Alessia tra la folla e la bacio.
Non ho mai camminato durante questi 42km finali, ma questi ultimi 100mt me li faccio al passo, per godermeli tutti.
Metto le mani intorno alle orecchie per incitare il pubblico ad urlare.
Rispondo con un applauso.
Quando passo sotto il traguardo le braccia sono alzate.
Sono un Ironman per la terza volta.
La più dura.
La più bella.
Perché credetemi, in ogni gara che ho fatto, di ogni sport, di ogni lunghezza, il risultato è l'ultima cosa che ricordo.
Quello che resta sono le sensazioni, i volti, i colori, i sorrisi, le lacrime.
Quelle che una volta mi sforzavo di trattenere.
Quelle che ora lascio scorrere quando mi emoziono.
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