Si parte alle 11 di sera, sveglia alle 8,30 di mattina. “Ci sto dentro”. Regime alimentare previsto e consigliato: colazione con the, fette biscottate e marmellata. Pranzo con 150 grammi di pasta in bianco, olio e parmigiano. Mi arriva il messaggio di Aldo: “vado a dormire e poi ci mettiamo d’accordo”. Telefona alle 6,30 e ci mettiamo d’accordo. Appuntamento alle 8,30 alla stazione Tiburtina. Ceno con 150 grammi di pasta in bianco, olio e parmigiano. Prendo la macchina e a tutto volume vado a Roma. Alle 8,30 in punto arriviamo entrambi e ci dirigiamo verso la partenza all’Arco di Costantino. Il percorso più breve per condurre due punti, di solito, è una linea retta, noi optiamo per un percorso alternativo e finiamo nel traffico, ma arriviamo ugualmente in largo anticipo. Parcheggiamo la macchina e ci dirigiamo verso il punto di ritrovo con l’espressione seria da veri “runners”, orgogliosi del nostro pettorale. In realtà entrambi ci guardiamo intorno pensando “si vedrà che è la prima volta che partecipiamo ad una gara”. Dopo un po’ ci accorgiamo che non siamo poi così “fuor d’acqua” e vediamo di tutto: il vecchietto che fa riscaldamento ad elevatissime velocità, il gruppo numeroso con soprannomi sulle magliette e bandierone rappresentativo ed i soliti “finti esperti” che sentenziano: “Eh…ma l’organizzazione della maratona di Londra era tutt’altra cosa…”. Pochi minuti prima di partire una leggera pioggerella ci rinfresca, poi è tutto pronto. C’è lo sparo, come in TV, e si parte. Il Primo chilometro vola senza accorgersene, c’è confusione, si sta attenti a dove mettere i piedi e si pensa di più a guardare ai lati la gente che applaude. Dopo un paio di chilometri si rompe il fiato e cominciamo a superare parecchia gente. La strada sale e scende, sull’Appia Antica è buio pesto e le fiaccole a stento illuminano la strada. Però è uno spettacolo. Si va alla grande. Al 10° chilometro Aldo si ferma per la pipì. “Se mi fermo - penso - è la fine”. E così è. Ripartiamo e comincia a farmi male la pancia. Sarà così fino alla fine, nonostante qualche sosta “forzata”. Siccome ho smesso da un po’ di credere alle coincidenze, a due chilometri dalla fine incontro un vecchio amico che non vedo da due anni. Sta in difficoltà, di testa più che di gambe. Lo abbraccio e ci facciamo gli ultimi due chilometri correndo fianco a fianco fino all’arrivo. 2 ore e 9 minuti: considerando le soste e le mie aspettative di 2 ore e 15 va più che bene. E poi c’è tempo per migliorare. C’è un sacco di gente che ci fa i complimenti. Nella confusione trovo un altro amico e ci salutiamo. Sembra una festa per tutti e forse lo è davvero. Qualcuno mi infila una medaglia al collo, qualcun altro mi dice di alzarla per farmi una foto. Sono arrivato 2200 ma sembra che a nessuno importi l’ordine di arrivo, figurarsi a me. E con le gambe ancora dure, non vedo già l’ora di partecipare ad un’altra corsa.
sabato 20 giugno 2009
La mia prima gara (Mezzamaratona di Roma)
Si parte alle 11 di sera, sveglia alle 8,30 di mattina. “Ci sto dentro”. Regime alimentare previsto e consigliato: colazione con the, fette biscottate e marmellata. Pranzo con 150 grammi di pasta in bianco, olio e parmigiano. Mi arriva il messaggio di Aldo: “vado a dormire e poi ci mettiamo d’accordo”. Telefona alle 6,30 e ci mettiamo d’accordo. Appuntamento alle 8,30 alla stazione Tiburtina. Ceno con 150 grammi di pasta in bianco, olio e parmigiano. Prendo la macchina e a tutto volume vado a Roma. Alle 8,30 in punto arriviamo entrambi e ci dirigiamo verso la partenza all’Arco di Costantino. Il percorso più breve per condurre due punti, di solito, è una linea retta, noi optiamo per un percorso alternativo e finiamo nel traffico, ma arriviamo ugualmente in largo anticipo. Parcheggiamo la macchina e ci dirigiamo verso il punto di ritrovo con l’espressione seria da veri “runners”, orgogliosi del nostro pettorale. In realtà entrambi ci guardiamo intorno pensando “si vedrà che è la prima volta che partecipiamo ad una gara”. Dopo un po’ ci accorgiamo che non siamo poi così “fuor d’acqua” e vediamo di tutto: il vecchietto che fa riscaldamento ad elevatissime velocità, il gruppo numeroso con soprannomi sulle magliette e bandierone rappresentativo ed i soliti “finti esperti” che sentenziano: “Eh…ma l’organizzazione della maratona di Londra era tutt’altra cosa…”. Pochi minuti prima di partire una leggera pioggerella ci rinfresca, poi è tutto pronto. C’è lo sparo, come in TV, e si parte. Il Primo chilometro vola senza accorgersene, c’è confusione, si sta attenti a dove mettere i piedi e si pensa di più a guardare ai lati la gente che applaude. Dopo un paio di chilometri si rompe il fiato e cominciamo a superare parecchia gente. La strada sale e scende, sull’Appia Antica è buio pesto e le fiaccole a stento illuminano la strada. Però è uno spettacolo. Si va alla grande. Al 10° chilometro Aldo si ferma per la pipì. “Se mi fermo - penso - è la fine”. E così è. Ripartiamo e comincia a farmi male la pancia. Sarà così fino alla fine, nonostante qualche sosta “forzata”. Siccome ho smesso da un po’ di credere alle coincidenze, a due chilometri dalla fine incontro un vecchio amico che non vedo da due anni. Sta in difficoltà, di testa più che di gambe. Lo abbraccio e ci facciamo gli ultimi due chilometri correndo fianco a fianco fino all’arrivo. 2 ore e 9 minuti: considerando le soste e le mie aspettative di 2 ore e 15 va più che bene. E poi c’è tempo per migliorare. C’è un sacco di gente che ci fa i complimenti. Nella confusione trovo un altro amico e ci salutiamo. Sembra una festa per tutti e forse lo è davvero. Qualcuno mi infila una medaglia al collo, qualcun altro mi dice di alzarla per farmi una foto. Sono arrivato 2200 ma sembra che a nessuno importi l’ordine di arrivo, figurarsi a me. E con le gambe ancora dure, non vedo già l’ora di partecipare ad un’altra corsa.
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